Il mes…tiere di guastagoverno

Il governo Conte II era partito col piede giusto nei rapporti con l’Unione Europea, lasciando intravedere una nuova linea di apertura e collaborazione, ma anche su questo fronte emergono incertezze e polemiche: non basta l’autorevolezza di cui gode a Bruxelles il ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri, non è sufficiente l’equilibrio del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non aiuta più di tanto al momento il benvisto commissario in pectore agli affari economici, Paolo Gentiloni. Anche a livello europeo è emersa una delicata questione, che rischia di diventare una grana esplosiva per la maggioranza di governo, la quale non perde occasione per evidenziare notevoli divergenze al proprio interno. Si tratta della riforma del Fondo Salva-Stati (Mes).

L’Esm, l’European stability mechanism, ribattezzato in italiano Mes, è il meccanismo permanente di stabilizzazione finanziaria d’Europa creato nel 2011 per far fronte agli choc innescati dalla crisi del debito sovrano nell’Eurozona ed è stato utilizzato nel salvataggio della Grecia. Sottoscritto dai Paesi Ue l’11 luglio 2011, ha sostituito il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf). Il Mes per ‘stabilizzare’ la zona euro mette a disposizione risorse finanziarie ai Paesi in difficoltà, ma solo a condizione che sia rispettato un piano di risanamento economico elaborato sulla base di un’analisi di sostenibilità del debito pubblico compiuta, nella versione attuale, dalla Commissione europea insieme al Fondo monetario internazionale e alla Bce.

Secondo quotidiano.net, a cui ho attinto a livello informativo, la polemica nasce dal fatto che la Ue sta pensando di riformare il Mes e questo potrebbe essere un rischio per i Paesi con un debito pubblico alto come l’Italia. Ma è giallo su uno dei nodi della riforma, il punto focale su cui si insiste da giorni: ovvero l’intervento del fondo solo se vincolato a una ristrutturazione ex-ante del debito. Sia il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sia Bankitalia, precisano che la riforma del meccanismo non prevede uno ‘scambio’ tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Via Nazionale spiega che la verifica della sostenibilità del debito prima della concessione degli aiuti è già prevista dal Trattato vigente. Tanto che il governatore Visco non avrebbe espresso nessun giudizio sfavorevole sulla riforma, al contrario di quanto trapelato ieri. E Gualtieri rincara: “Le condizioni per l’accesso di un paese ai prestiti del MES non sono cambiate, anzi, per una fattispecie specifica, sono state sia pur solo parzialmente alleggerite”. Per il ministro dell’Economia sulla vicenda c’è “molta confusione”.  Ammette Gualtieri: “Effettivamente, all’inizio del negoziato alcuni Paesi avevano chiesto che la ristrutturazione del debito divenisse una condizione per l’accesso all’assistenza finanziaria”. Però, rivela, “anche grazie alla ferma posizione assunta dall’Italia, queste posizioni sono state respinte e le regole sono rimaste identiche a quelle già in vigore”.

Come ormai succede ad ogni piè sospinto il leader leghista Salvini sparge veleni e soffia sui fuochi, non ha importanza se tali questioni fossero già ben presenti e siano state affrontate nel precedente governo, l’importante è creare zizzania populista: trappola in cui cade quasi sistematicamente il M5S col suo sempre più incerto e indisponente capetto. Su ogni torta problematica i grillini (forse sarebbe il caso di non chiamarli più così, vista la latitanza di Grillo) mettono la ciliegina, tanto per complicare le cose, avendo la preoccupazione più di distinguersi che di contribuire a risolvere i problemi sul tappeto.

Per il salvataggio dell’ex Ilva si è trattato di togliere velleitariamente lo scudo legale, facendo credere che sia una sorta di impunità per gli acquirenti dell’azienda, mentre, da quanto ho capito, si tratterebbe solo di garantire ai nuovi gestori di non dover rispondere di eventuali reati riconducibili alle situazioni irregolari precedenti, che dovrebbero comunque col tempo essere sanate. Per il fondo Salva-Stati si starebbe imponendo un alt su una riforma europea che non creerebbe ulteriori problemi all’Italia, mentre si vuol far credere che per attingere a tale fondo in futuro occorrerà la ristrutturazione preventiva del debito pubblico. Il premier Conte non ha un feeling particolare col M5S e ne soffre l’influenza, trovandosi a fare i conti un giorno sì e l’altro pure con le sfuriate pentastellate, che servono solo a sollevare polveroni elettoralistici e a nascondere i contrasti interni sempre più clamorosamente evidenti e paralizzanti.

Non so come finirà la trattativa con la Ue sul Mes e come riuscirà a destreggiarsi Conte tra le pesanti ipoteche del suo primo governo e le vaghe prospettive del secondo. Ogni giorno che passa rivaluto le perplessità che nutrivo alla nascita del governo giallo-rosso; mi ero illuso che alcuni punti forti, seppure tattici, dell’alleanza potessero avviare un periodo di “sollievo” (per dirla con Beppe Severgnini), invece sta sopraggiungendo il panico. Non penso si possa andare avanti così. Qualcuno lascia intendere che su molte questioni abbia decisiva e salvifica importanza la generosa e sapiente azione sotto traccia di Sergio Mattarella. Ho notato come, ogni volta che scoppia una grana, Giuseppe Conte si precipiti dal presidente della Repubblica: probabilmente e giustamente il capo dello Stato vorrà essere informato sullo stato dell’arte e non mancherà di fornire i migliori consigli, anche perché a lui guardano parecchi soggetti, dai lavoratori dell’Ilva ai sindacati che li rappresentano (?), dalla gente che mantiene una certa fiducia nelle Istituzioni ai rappresentanti europei. Confesso di nutrire immensa stima verso Sergio Mattarella e lo considero “l’ultimo dei giusti”. Per favore non trascinatelo nella bagarre, perché l’Italia ha molto bisogno di lui.