Diversità senza conflittualità

Non mi sottraggo a mettere per iscritto le mie riflessioni anche su argomenti estremamente delicati su cui opportunismo vorrebbe silenzio. Mi riferisco allo scontro televisivo fra Vladimir Luxuria e Vittorio Sgarbi: una ignobile rissa che, pur rientrando perfettamente nei canoni del circo mediatico, dove tutto fa spettacolo, induce a qualche argomentazione seria.

Innanzitutto sarebbe ora di finirla con la volgarità spacciata da provocazione culturale: non c’è idea che consenta di scendere nei bassifondi della volgarità alla ricerca peraltro solo di audience e di primadonnismo. Vale per Sgarbi, vale per parecchia gente che usa i media per sfogare le proprie reazioni pseudoculturali.  Sono passati molti anni da quando la signora Franca Ciampi, moglie del presidente della Repubblica, esorcizzò la Tv spazzatura, attirandosi anche qualche immeritata critica a livello di invadenza e oscurantismo: aveva ragione e il tempo le sta dando sempre più ragione.

In secondo luogo non ha senso e non trova alcuna giustificazione attaccare volgarmente persone che hanno vissuto e vivono esperienze molto difficili come l’omosessualità e la transessualità: bisogna avere rispetto e riguardo, rifuggendo da ogni e qualsiasi atteggiamento derisorio, discriminatorio e vignettistico. La persona merita considerazione in quanto tale e indipendentemente dai suoi orientamenti e comportamenti sessuali, tutto il resto non è accettabile da chiunque provenga.

Ci riempiamo la bocca di rispetto per la diversità e poi quando è il momento non sappiamo resistere alla tentazione di ridicolizzare, colpevolizzare, attaccare violentemente chi ci propone la sua diversità, non come la vorremmo noi, ma come la vive lui o lei. In questo forse la cultura prevalente è indietro rispetto alla politica e alle leggi, peraltro non certo molto avanzate.

Non mi sento però di sorvolare paternalisticamente sulla insistente “provocatorietà” del diverso, che continua testardamente a sentirsi tale, che ostinatamente non rispecchia integralmente la propria personalità, ma un cliché, un ruolo protagonistico a tutti i costi, pretendendo una inutile e dannosa ribalta non tanto per le sue battaglie di civiltà, ma per le sue esibizionistiche rivalse. Certe persone, che pure hanno conquistato, magari con grosse difficoltà, una loro dimensione personale e sociale, rimangono vittima di una scoppiettante conflittualità, che finisce col rimetterli in un ghetto ancora peggiore.

Quando si è reduci da una guerra, e tutto sommato omosessuali e transessuali hanno dovuto guerreggiare contro pregiudizi e discriminazioni di ogni tipo, prima o poi bisogna provare a vivere in pace con se stessi e con gli altri. A mio giudizio è giunta questa ora, anche se rigurgiti di inciviltà covano sotto la cenere e non perdono occasione per riemergere; occorre superare elegantemente ed equilibratamente lo scontro, altrimenti la questione diventa infinita e crea ulteriore sofferenza seppure camuffata da inutile aggressività. Non è facile, lo capisco benissimo e alle persone toccate nel vivo da certe provocazioni reazionarie, perbeniste o pseudo-culturali va tutta la mia solidarietà. Mi permetto però di consigliare un rientro a trecentosessanta gradi nella quotidianità, senza indietreggiare di un millimetro, ma senza pretendere, come diceva Luca Goldoni, di imporre la diversità a coloro che vivono la sessualità secondo tradizione (si badi bene non ho detto secondo natura e secondo normalità).