L’inutile polemica pubblica sui servizi segreti

Non ho sinceramente capito il succo delle critiche rivolte da Matteo Renzi a Giuseppe Conte in merito al controllo sui servizi segreti. Resto fermo a quanto affermava in via confidenziale Aldo Moro: i servizi segreti utilizzano le spie che sono la peggiore categoria di persone e quindi risulta difficile manovrarle ed assai problematico impostarne, contenerne e controllarne l’operato; tendono a sfuggire di mano, a confondere i ruoli fra spionaggio e controspionaggio; non ci si capisce dentro mai niente. I servizi segreti sono necessari? Purtroppo sembrerebbe proprio di sì. E allora? Bisogna cercare di tenerli sott’occhio. Non invidio chi lo deve fare. Si sa che in passato sono spesso sfuggiti di mano o addirittura sono stati manovrati contro lo Stato e le sue Istituzioni.

Il leader di Italia Viva ha chiesto al presidente del Consiglio di fare chiarezza sull’incontro tra il ministro della Giustizia Usa e i vertici dell’intelligence italiana. Obiettivo dell’indagine di Washington è stabilire se Roma abbia collaborato con i democratici per fabbricare false prove sul Russiagate. Matteo Renzi suggerisce al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di andare al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che esercita il controllo sull’operato dei servizi segreti italiani, a spiegare tutto sulla “spy story”, che ha coinvolto il ministro della Giustizia Usa William Barr, “venuto a incontrare segretamente il capo del Dis Vecchioni”. Fin qui niente da eccepire.

Renzi aggiunge: “I Servizi segreti italiani vanno messi in condizione di lavorare perché da loro dipende la vita dei nostri connazionali rapiti all’estero, delle operazioni di contro-proliferazione del terrorismo e sono in stragrande maggioranza degli straordinari professionisti. Personalmente penso che il presidente del Consiglio, in generale e nello specifico quello di adesso, farebbe bene a dare la delega dell’Autorità delegata ai Servizi. Suggerisco, nell’interesse del presidente del Consiglio, di avere un signor professionista che si occupi di queste cose e di non metterci sempre lui in mezzo”.

Sinceramente non mi sembra opportuno delegare a un tecnico un compito così delicato e importante e quindi non capisco dove voglia parare Renzi. Così come mi sembra pleonastica e invadente la raccomandazione di relazionare al Copasir sulle questioni inerenti ai servizi segreti. O ci sono seri motivi per dubitare sull’adempimento di questo obbligo o si tace.

Il premier Conte, dal canto suo, afferma: «L’intelligence è il presidio della democrazia, non essendo concepibile che si muova al di fuori del controllo parlamentare e dei compiti che il Governo le assegna». È evidente che, alla vigilia della sua audizione al Copasir (non appena ne sarà nominato il presidente), al capo dell’esecutivo prema sottolinearne la centralità e la rilevanza. Non è certamente suo interesse cercare nuovi nemici o nuovi conflitti, ma anzi è una sua priorità chiarire la posizione allineata «al servizio della patria». Non a caso elogia i vertici dei servizi: «Permettetemi di cogliere anche questa occasione per esprimere il mio più sentito apprezzamento e ringraziamento per l’operato dei vertici del comparto e per ringraziare tutte le donne e gli uomini per l’attività quotidiana che svolgono al servizio della Nazione».

Conte, poi, per sgomberare il campo dagli equivoci circa il suo possibile asservimento al presidente americano Donald Trump al cui servizio avrebbe messo a disposizione la nostra intelligence, con i due incontri tra il ministro di giustizia statunitense William Barr e il direttore del Dipartimento che si occupa delle informazioni per la sicurezza della Repubblica, Gennaro Vecchione, ribadisce che «l’interesse nazionale è il perno dell’azione». E ancora, rivolto ai neo assunti a livello dei servizi di intelligence: «Ogni sera andrete a letto convinti di aver rispettato la Costituzione ed i valori democratici e la mattina vi sveglierete più determinati che mai ad onorare la patria». Per il premier, insomma, è fondamentale ribadire che «l’intelligence è patrimonio dell’intera nazione, una comunità di valorosi professionisti che, garantendo la sicurezza del Paese, protegge quella sfera di interessi nazionali che unisce e non divide, nella quale tutti i cittadini italiani si riconoscono e debbono potersi riconoscere».

Le osservazioni renziane mi sembrano niente più di un modo per tenere sulla corda il presidente del Consiglio, partendo peraltro da argomenti molto delicati da usare con estrema cautela nella polemica politica. Le repliche di Conte mi paiono scontate e un tantino ingenue. Se Renzi ha qualcosa di importante da dire a Conte, lo faccia in separata e riservata sede. Se Conte si sente tranquillo, tanto meglio per tutti, ma stiamo attenti e con le orecchie e gli occhi aperti, perché quanto affermava Aldo Moro mantiene intatta tutta la sua inquietante attualità.