La democrazia italiana costola del fascismo

Faccio in premessa la tara al significato del test elettorale umbro per la ristrettezza del campione (solo settecentomila cittadini votanti), per la specificità della situazione (si votava in conseguenza della sanitopoli umbra), per la complessità del momento politico assai precario e incerto (l’Umbria è diventata una sorta di laboratorio in cui gli esperimenti possono anche provocare vere e proprie esplosioni).

I risultati eclatanti (una schiacciante vittoria del centro destra a guida leghista e una debacle del centro-sinistra a combinazione penta-piddina) comportano e meritano tuttavia una qualche riflessione. Parto da lontano, da Massimo D’Alema, che, parecchio tempo fa, nella sua lucida, ficcante e quasi irritante verve polemica, sosteneva quanto segue: “La Lega c’entra moltissimo con la sinistra, non è una bestemmia. Tra la Lega e la sinistra c’è forte contiguità sociale. Il maggior partito operaio del Nord è la Lega, piaccia o non piaccia. È una nostra costola, è stato il sintomo più evidente e robusto della crisi del nostro sistema politico e si esprime attraverso un antistatalismo democratico e anche antifascista che non ha nulla a vedere con un blocco organico di destra”. D’Alema va sempre e comunque ascoltato, perché, pur nella sua smodata autostima, riesce ad affrontare i temi politici con schiette e provocatorie analisi, a volte troppo sofisticate, ma mai banali e scontate.

La succitata sua dichiarazione va certamente aggiornata nel tempo laddove concede alla Lega il marchio di fabbrica antifascista e dove le nega la possibile paternità di una destra organica e strutturata. La Lega è cambiata, ma resta valido il ragionamento di fondo a livello culturale, sociale e politico. Non la faccio lunga e mi chiedo: come può l’elettorato di sinistra passare con tanta rapidità e facilità all’estrema destra. Sta succedendo ed è successo clamorosamente anche in Umbria. Se la storia propone parecchi casi emblematici, resta tuttavia paradossalmente incomprensibile che uno storico elettore di sinistra, ad un certo punto, decida di votare per una destra, volgarmente egoista, socialmente populista, culturalmente nazionalista, economicamente liberista, affogandosi in un inqualificabile e disgustoso polpettone estremista e sovranista. Capirei se la reazione schifata ad un logoro e corrotto sistema di potere sinistrorso, provocasse una sbandata e portasse alla protesta antipolitica tipica del grillismo nostrano, ma persino il grillismo non funziona più da carta assorbente del malcontento di sinistra, anche chi ha votato M5S è fuggito verso gli illusori lidi leghisti.

Mia sorella, nella sua acuta e impietosa schiettezza, faceva un ragionamento per certi versi opposto a quello di D’Alema: «Gli italiani, diceva, sono rimasti fascisti e quindi…dove si è stati si può tornare con una certa relativa facilità di percorso». E la Resistenza, la Costituzione, la democrazia parlamentare dove sono finite? Frutto di avanguardie capaci di coprire con il mantello democratico le nudità di una destra sempre in agguato? La democrazia cristiana e il partito comunista hanno saputo tradurre e coniugare positivamente i difetti di un popolo senza radici ideali e con un traballante bagaglio valoriale? Finiti questi ancoraggi storici, logorato il sistema virtuoso dell’antifascismo ruspante, in tanti si sono sentiti finalmente in libera uscita e hanno sfogato i loro istinti politici nel primo casino che si presentava loro? Domande molto pesanti e provocatorie!

Paradossalmente è la sinistra democratica ad essere una costola della destra più o meno anti-democratica? Lo schema dalemiano può essere capovolto? L’Umbria sembra rispondere con un blasfemo sì. E allora? L’esperimento tattico di stoppare l’emorragia a sinistra con il cotone emostatico dell’accordo Pd-M5S sembra miseramente fallito. Il popolo di sinistra appare propenso a rivolgersi drammaticamente e sbrigativamente al pronto soccorso leghista, senza pensare che l’ospedale intravisto è assai poco raccomandabile. È pur vero che “al prim cavagn al vól bruzä e soprattutto che “an gh’è gram cavagn, ch’an vena bón ‘na volta a ’l an”. Resta il fatto che il cesto penta-piddino ha fatto clamorosamente acqua. Il governo centrale verrà condizionato e frastornato da questo sperimentale flop? Il M5S riuscirà a leccarsi le ferite sempre più profonde e inguaribili? Il Pd ritroverà il bandolo della matassa e l’orgoglio storico di poter essere l’argine allo strisciante fascismo risorgente?  La sbornia leghista farà rapidamente il suo tempo? Quale può mai essere il compromesso storico che ci salvi dalle derive in corso? Occorrerà spostarsi dal laboratorio di Frankenstein al cantiere politico vero e ricostruttivo della democrazia e della sinistra.