Il Movimento 5 Stelle…cadenti

La politica non è il campionato di calcio e le consultazioni elettorali non ne sono una partita. Non so resistere tuttavia alla tentazione di individuare la squadra uscita perdente dalle urne della regione Umbria, nelle quali peraltro erano stati inseriti eccessivi referendum di carattere nazionale. Ne è uscito un responso, per certi versi clamoroso, che rischia di mettere perfino a soqquadro il governo e le forze che lo sostengono.

Osservando i risultati ci si accorge come più che di un trionfale successo leghista si debba parlare di una pesantissima sconfitta del movimento cinque stelle in linea con le precedenti ultime consultazioni elettorali. Sta succedendo quel che, in un certo senso, temevo.

Il grillismo, pur con tutti i limiti e i difetti, è riuscito per qualche tempo ad assorbire la indistinta protesta proveniente dall’antipolitica, a interpretare in qualche modo la generica voglia di nuovo e di pulito  emergente da larghi strati della società, a dare voce a chi voleva gridare tutto il suo sdegno verso il potere a tutti i livelli. Si capiva che non sarebbe bastato porgere il microfono alle lamentele per affrontare e risolvere i problemi, ma almeno si poteva evitare il peggio e sottrarre il malcontento da pericolose derive, che storicamente hanno sempre preso la brutta direzione o della violenza o del populismo destrorso.

L’illusione è durata poco ed eccoci alle piazze piene ed alle urne vuote del M5S, con i suoi elettori in fuga verso l’astensione, ma ancor peggio alla rincorsa della follia leghista e della destra estrema. La dirigenza pentastellata, confusa, divisa e disorientata non ne vuol sapere di seria autocritica e tende a scaricare colpe e responsabilità sulle scelte dell’ultimo periodo (leggi accordo col Pd), sulle debolezze del pur penoso capo grillino (leggi un impettito e sconclusionato Luigi Di Maio, con tutti i difetti e nessun pregio della tradizionale classe politica italiana), sulle divisioni interne (un’armata Brancaleone tenuta insieme soltanto da una polemica stucchevole e asfittica verso tutto e tutti).

Le ragioni della brusca frenata elettorale, preludio di un vero e proprio schianto politico, sono ben più profonde e sistemiche. Una forza politica, si chiami partito o movimento poco importa, deve avere solide radici ideali, valoriali, storiche, sociali e territoriali. In una parola deve avere una cultura politica. Il M5S, nato da simpatiche ed acute intuizioni grilline, da spericolati vaneggiamenti casaleggiani e da evidenti scorribande mediatiche, non possiede alcuna delle radici di cui sopra: non ha storia, non ha riferimenti ideali e sociali, non ha legami territoriali, non ha competenza, preparazione ed esperienza. Colma queste incolmabili lacune con pedante arroganza e penosa presunzione.

La sua debolezza si è notata e si nota soprattutto nel territorio, laddove il movimento è partito e si è via via allargato cavalcando proteste locali: in poco tempo la improvvisata classe dirigente, fatta di sindaci, si è squagliata come neve al sole, mostrando la corda e la incapacità di affrontare concretamente i problemi della gente.

Ultima in ordine di tempo la rinuncia della sindaca di Imola, che, dopo mesi di difficoltà alla guida della città alle porte di Bologna, conquistata dal Movimento 5 Stelle soltanto nel giugno 2018, getta la spugna e in un’intervista dichiara apertamente: «Il M5S non esiste più. È morto ed è morto quando è morto Gianroberto Casaleggio. Abbiamo visto un appropriarsi di ruoli apicali da parte di persone senza arte né parte, che hanno perso sei milioni di voti in un anno e fanno finta di niente. Ho bisogno di appoggio per fare quello che i cittadini mi hanno chiesto votandomi. Oppure divento un burattino nelle mani del Pd, cosa che io non voglio essere».

Manuela Sangiorgi firma così il certificato di morte del M5S, ma non ne individua le vere e profonde cause: scarica la responsabilità sulla insipienza della classe dirigente grillina, sulla mancanza del nume tutelare, sulla assenza di impegno fattivo, sul partito democratico (cosa c’entri non è dato capire). I grillini non rischiano di diventare burattini nelle mani del Pd, ma di essere burattini in via del tutto autonoma, senza teatrini, burattinai, copioni, etc. La commedia è finita! E purtroppo c’è chi vanagloriosamente riesce a recuperare il pubblico deluso dalla breve e sconclusionata recita. Alla prossima commedia, che potrebbe diventare tragedia.