Dal contratto al casino, ma Conte…

Mio padre diceva con molta gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a  guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón». Non vorrei che succedesse così tra i partiti che sostengono il governo Conte II.

Nella maggioranza giallo-verde o penta-leghista, come dir si voglia, i contrasti, nonostante la sottoscrizione di un contratto, erano reali e profondi e, al di là degli svarioni tattici, hanno portato alla rottura insanabile tra forze politiche sostanzialmente diverse e contrapposte. Nella maggioranza giallo-rosa o penta-piddina, come dir si voglia, le divergenze programmatiche non sembrano molto profonde e si riducono spesso a scaramucce strumentali aventi prevalentemente lo scopo di tener vivo l’elettorato di riferimento e garantirsi uno spazio politico a livello mediatico.

Il discorso riguarda soprattutto il M5S, che ha una paura fottuta di essere schiacciato dal rapporto Conte-Pd, e il novello partitino renziano, che, per rimanere vivo e crescere, ha bisogno di una grancassa continua, che lo distingua dall’abbandonata casa-madre piddina. Per far finta di litigare ogni pretesto è buono: non so fino a quando il giochino potrà continuare e non sfocerà nel vero litigio ipotizzato ironicamente da mio padre.

Restano validi i motivi tattici che hanno portato alla costituzione di questa maggioranza anti-Salvini, anti-elezioni, anti-sovranismo etc. etc. Il premier Conte si sta rafforzando giorno dopo giorno a tutti i livelli: ha l’appoggio del presidente della Repubblica, è ben visto oltre Atlantico, ha buoni rapporti a livello istituzionale e personale con la Ue, dialoga con le forze economiche e sociali, gode di grande stima e considerazione oltre Tevere, ha un alto indice di gradimento da parte dei cittadini, è molto furbo ed avveduto nei rapporti con i partiti e il Parlamento, si presenta, Dio mi perdoni, come un mix tra Andreotti, Forlani e Moro, è indubbiamente, e lo dico in senso positivo, il più democristiano dei politici attuali. Sarà una gara durissima farlo fuori con manovre più o meno leali.

I partiti e partitini, che, magari obtorto collo, sostengono l’attuale governo, si devono rendere conto che l’equilibrio raggiunto non è facilmente smantellabile. Non capisco dove vogliono parare il M5S e Italia viva, quale sia la loro strategia politica e nemmeno quale possa essere la loro tattica. Vi ricordate la barzelletta dei politici italiani piccoli, storti e malfatti: erano tre personaggi di primo piano di allora. Può valere anche per grillini e renziani, che appaiono effettivamente “piccoli”, o almeno in grosso calo o in piccola partenza, “storti” in quanto seguono una via politica tortuosa e incomprensibile, “malfatti” perché non hanno radici, storia, ideologia alle loro spalle. L’unica formazione politica, pur con tutti i limiti e i difetti che si ritrova, ad avere un filo logico, magari piuttosto tenue, è il partito democratico, che peraltro ha in mano i rapporti con la Ue e i ministeri economici (scusate se è poco…). Giuseppe Conte lo sa e soprattutto dimostra di saperlo e questo dà un fastidio enorme agli altri partner di governo.

D’altra parte bisogna capirli. I pentastellati hanno, due anni fa, inventato un premier nella persona di Giuseppe Conte. Si sono illusi di controllarlo. Poi, ad un certo punto è loro sfuggito di mano per andare sulla propria strada e diventare addirittura potenzialmente alternativo rispetto alla debole leadership grillina. Adesso flirta addirittura col Pd. Per Di Maio e c. è decisamente troppo, difficile da ingoiare, nonostante i sorsi d’acqua forniti ripetutamente da Beppe Grillo.

Renzi ha inventato la coalizione giallo-rossa in chiave meramente tattica e interlocutoria e la vede trasformarsi, giorno dopo giorno, in ipotesi strategica o comunque in collaborazione stabile ed allargata: gli serviva per guadagnare tempo e spazio in vista di una scissione e della successiva prova elettorale, sta diventando il suo incubo nonostante le leopoldiane adunate mediatiche.

E allora via col fuoco concentrico e incoerente degli attacchi al governo e al Pd. Ho l’impressione che più attaccano e più si rafforzino il governo e l’asse Conte-Pd che lo regge sostanzialmente. Forse può valere la barzelletta del marito che, per schivare gli improperi e le bastonate della moglie, si rifugia sotto il letto. Al reiterato e autoritario invito della moglie ad uscire dal penoso nascondiglio, egli, con un rigurgito di machismo, risponde: «Mi  fagh cme no vôja e stag chi!». All’invito perentorio a smettere di fare chiasso e confusione, rivolto loro da Giuseppe Conte, Di Maio e Renzi possono rispondere picche, ma stiano attenti a non cacciarsi sotto il letto.