La torta della discontinuità nella continuità

Alla fine è arrivata, con il voto favorevole e plebiscitario sulla piattaforma Rousseau, l’amara ciliegina pentastellata sulla torta governativa del Conte 2. Provo a mangiarne qualche fettina. Al palato, d’acchito, risulta gradevole. Il governo giallo-rosso manda a casa la minacciosa Lega di Salvini, toglie momentaneamente di mezzo un pericoloso ostacolo per la vita democratica del Paese: sembra quasi un sogno, ma non saremo più (speriamo per parecchio tempo) ostaggio delle sparate razziste e demagogiche di una fuorviante destra estrema populista e sovranista. Finisce un incubo.

La seconda fettina ci evita il rischio di elezioni politiche al buio e ci costringe a prendere di petto la difficile situazione economica, riportandoci nell’alveo del fiume europeo, impostando una seria politica di bilancio e recuperando alla base del governare la ragionevolezza della politica.

La terza fettina riguarda la premiership di Giuseppe Conte: questo signore esce dall’angolo per cercare nelle sponde mattarelliane, europee, americane e vaticane un profilo autonomo, che incontra il gradimento della gente. Ha avuto il coraggio di ribellarsi al greve condizionamento della precedente maggioranza politica e di guardare avanti con equilibrio e senso di responsabilità.

Mentre le prime fettine risultano gradevoli, la quarta è invece di dubbio gusto: il programma e gli uomini che lo porteranno avanti non danno sufficienti garanzie per quella discontinuità chiesta dal PD, ma non concessa dal M5S, schiavo del retaggio pentaleghista e costretto alla continuità rispetto alla sua prima disastrosa esperienza di governo. Nasce il governo della discontinuità nella continuità o viceversa: roba da far impallidire le convergenze parallele del primo centro sinistra.

Continuando a mangiare la torta, il palato si fa sempre più esigente.   Affiora la difficilissima convivenza tra due concetti contrapposti di democrazia e di politica: non vedo una base comune, seppur minima, a livello valoriale e ideale tra due forze politiche che dovranno mediare continuamente e faticosamente. Sarà sufficiente la paziente opera di cucitura di Conte? Ho seri dubbi. Se il precedente governo si basava sull’alleanza tra due soggetti così diversi ma così uguali, il nuovo si fonda su soggetti molto diversi alla disperata ricerca di qualche uguaglianza. Il modesto livello qualitativo della compagine ministeriale, l’alto grado di difficoltà dei problemi da affrontare, i risicati numeri della maggioranza non aiuteranno certamente una convivenza che si preannuncia difficile al limite dell’impossibile.

È tuttavia inutile gufare da sinistra, lasciamo questo compito alla destra, che lo svolgerà nelle piazze, ma, quando l’eco della demagogia si spegnerà, forse risulterà chiaro il velleitarismo dei rigurgiti salviniani. Confido nella prospettiva che il governo Conte 2 rimetta la situazione politica in una sorta di vasca di decantazione delle dilaganti spinte populiste e sovraniste, costringa tutti a tornare alla democrazia stringendosi alle sue istituzioni. Non sarebbe poco. Abbandono al momento la torta, temo il disgusto e l’indigestione, la metto in frigorifero e vedrò di mangiarla a pezzettini, al mattino a digiuno da pregiudizi e pessimismi, sperando che non diventi rancida, costringendomi a buttarla nel sacchetto dei rifiuti organici. Sarebbe un vero peccato.