Il finimondo grillino

Vuoi vedere che, mentre tutti si preoccupano di valutare l’impatto negativo che potrebbero avere sul governo Conte II la scissione renziana e soprattutto la volubilità di Renzi, il pericolo per la sopravvivenza governativa viene dal M5S e dai suoi subbugli non più di tanto occultabili e comprimibili? Si fa un gran parlare di sommovimenti all’interno del movimento, dovuti all’indebolimento della leadership (?) dimaiana, alla perdita di controllo sulla situazione da parte del fondatore Grillo, all’insopportabile peso dirigista del pur sfilacciato gruppo dirigente, all’irritazione per l’accordo col nemico giurato piddino, alle simpatie verso l’ex alleato leghista, al logorio storico del potere per chi lo vorrebbe combattere sempre e comunque. Sembra effettivamente un’accozzaglia senza capo né coda, incapace di trovare il difficile equilibrio tra la viscerale spinta “rivoluzionaria” e la ragionata scelta “riformatrice”.

Sono arrivati al punto da minacciare multe salate per chi dovesse allontanarsi dal movimento per approdare ad altro gruppo parlamentare, si chiami Lega, Italia viva o chissà cosa. Ho comprensione per una formazione politica che fa dell’antisistema la sua base ideologica, che si vede catapultata nel sistema con responsabilità di governo e nella necessità di fare i conti nel potere e col potere. Tutti i giorni cercano disperatamente uno specchietto antipolitico per le allodole, ma non può durare e la contraddizione diventa sempre più insostenibile. L’abbattimento del numero dei parlamentari funziona un po’ da ultima spiaggia, ma, se il Pd apre la porta e vota questo provvedimento, i grillini cadono e non hanno più nulla da dire e polemizzare.

La convivenza con la Lega era difficile, problematica, quasi paradossale, ma forniva continuamente una buona sponda per il gioco dell’antisistema: era una gara in tal senso, che poteva tenere caldo l’elettorato e garantiva un minimo di coerenza tattica. L’alleanza col Pd ha invece un carattere politico, rischia addirittura di diventare una convivenza strategica e allora può essere un autentico bagno di sangue. Si deve passare dalla lotta contro il sistema alla riforma del sistema: il passo è lunghissimo, forse più lungo della gamba pentastellata. Potrebbe essere questo il gran busillis governativo. Riuscirà Giuseppe Conte a conquistare la leadership del movimento in senso riformista? Gli si potrebbe sciogliere in mano. Ecco forse il vero pericolo per la stabilità di un governo già pieno di problemi di tutti i tipi.

La storia insegna che chi ideologicamente combatteva il sistema, una volta convertito al sistema, ne diventa un pessimo gestore, facile ai compromessi più deleteri. Il salto della quaglia! Successe al partito socialista, quando si convertì alla collaborazione con la democrazia cristiana nell’ambito del centro-sinistra. Eloquente è lo scambio di battute fra Indro Montanelli e Fernando Santi (un vero socialista radicalmente contrario al centro-sinistra). «Ma perché, onorevole, chiese Montanelli, lei è così ostile a questo nuovo equilibrio politico-governativo?». «Lei non li conosce i miei compagni, rispose Santi, una volta entrati nelle stanze del potere, sarà un finimondo…».