Un bagno di serietà senza moto d’acqua

Se andiamo con la mente agli anni settanta del secolo scorso ci imbattiamo nel comportamento piuttosto disinvolto dei figli dell’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone o almeno così sostenevano i giornali che lo avevano nel mirino ai quali non pareva vero di poter ascrivere a lui certe “marachelle” dei suoi figli.

Molto più tardi successe a Umberto Bossi (le ultime conseguenze si sono estinte giudizialmente proprio in questi giorni) di rispondere dell’operato dei propri figli che approfittavano della posizione del padre per ottenere vantaggi di vario genere.

C’è stata anche la vicenda del ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi costretto alle dimissioni per alcuni “regalini” concessi al figlio da un imprenditore in cerca di appoggi politici.

Sono episodi che non mi hanno mai scandalizzato più di tanto: è umano, anche se sbagliato, nutrire certe debolezze verso i propri figli, lasciando ricadere su di essi qualche opportunità conseguente al ruolo politico svolto dai genitori. Bisognerebbe essere molto più attenti e scrupolosi per tagliare in radice queste possibili degenerazioni parentali. Non si tratta di nepotismo vero e proprio, ma di una sorta di debolezza verso i desideri e le necessità dei figli. Peccati, tutto sommato, veniali, ma pur sempre peccati che fanno scalpore.

L’attuale ministro dell’Interno Salvini, riguardo al tema di cui sopra, è stato protagonista di una vicenda che sta spopolando sui media. Il figlio sedicenne è salito su una moto d’acqua della Polizia di Stato per divertimento a Milano Marittima, come documentato da un video di Repubblica, nonostante il tentativo degli uomini della sicurezza presenti sulla spiaggia di impedire le riprese al giornalista Valerio Lo Muzio.

Un tempo le colpe dei padri ricadevano sui figli, oggi è vero il contrario. I fatti raccontati da Repubblica non riguardano tanto il figlio, che aveva l’unica colpa di essere in vacanza insieme al padre e di volersi divertire alle sue spalle, ma il comportamento di Matteo Salvini che non avrebbe fatto nulla per impedire che i poliziotti organizzassero il giro in moto d’acqua e nell’essersi rifiutato di dire al giornalista Lo Muzio chi fossero le persone che lo hanno affrontato e minacciato affinché non filmasse il giretto fuori ordinanza del ragazzo. Le domande a cui dovrebbe rispondere Salvini sono: chi ha autorizzato l’uso di mezzi pubblici per fini privati? Chi sono gli agenti che hanno minacciato il giornalista? Che procedimento sta adottando la questura competente nei confronti dei poliziotti alla guida della moto d’acqua?

Salvini risponde che “il giornalista ha abbondantemente fatto quello che voleva” e come non spetti a lui accertare e dire i nomi degli agenti in vena di trasgredire alle regole e soprattutto di aver indirizzato frasi minacciose al giornalista, a cui peraltro il ministro dell’Interno ha consigliato di andare a filmare i bambini visto che si diverte (dichiarazione offensiva e stupida). Il capo della polizia Franco Gabrielli ha detto che le verifiche sono in corso per capire se è stato leso il diritto di cronaca.

Ce ne è venuta una gamba! Voglio essere sincero: la cosa in sé non mi sembra grave, non credo sia in gioco seriamente il diritto di cronaca, ma si sente soltanto la necessità che tutti si comportino in modo più responsabile. Il ragazzo sedicenne cerchi di divertirsi facendosi semmai pagare dal padre un giretto in pattino; il padre tenga d’occhio il figlio e gli impedisca certe sbruffonate; i poliziotti stiano attenti a quel che fanno non scambiando per gioco il loro operato; il capo della polizia sia meno supponente e più attento a vigilare sulle trasgressioni dei suoi uomini; tutti evitino di creare un clima politico rigoroso con i deboli e permissivo con i forti.

Non vale niente la speculazione politica basata sul quasi nulla anche se, a volte, sono queste bucce di banana a rovinare la reputazione e l’immagine di un politico in grande spolvero. Se il ragionamento del cronista era quello di contrapporre la strumentale durezza di Salvini verso gli immigrati alla debolezza compiacente verso il figlio, ci può anche stare in senso provocatorio. Se si pensa di combattere politicamente il leader leghista con questi mezzucci, siamo fuori strada. Superficialità chiama superficialità. Ne esce male la politica, la cronaca e il dibattito. Una pena!