La paura democratica

La democrazia non si può sospendere, per nessuna ragione al mondo, anche quando sembra inadeguata a risolvere i drammi della società. Non c’è bisogno di scomodare Winston Churchill. Ebbene, il deputato del Partito democratico Ivan Scalfarotto ha compiuto un gesto altamente e provocatoriamente democratico, rientrante nelle sue prerogative, andando a Regina Coeli per verificare le condizioni di carcerazione dei protagonisti della vicenda criminale culminata in quel di Roma nell’uccisione del carabiniere Mario Cerciello.

La visita al carcere, luogo di un delicato e difficile esercizio da parte dei propri compiti da parte dello Stato, dovrebbe essere molto più praticata dai parlamentari: sono enormi i problemi riguardanti la carcerazione, riconducibili all’esigenza di trovare il giusto equilibrio fra pena e recupero del carcerato. Anche i cittadini, laicamente parlando, me compreso, farebbero bene a visitare le carceri per rendersi conto della situazione di drammatica sofferenza che in esse viene vissuta.

Mi ha stupito non tanto l’iniziativa di Scalfarotto, ma la reazione dei suoi colleghi di partito, che hanno preso le distanze da lui. Lasciamo perdere la scontata valanga di offese piovute dall’oscuro cielo popolare (?) dell’emotività anti-democratica, che non ha niente da spartire con la difesa delle forze dell’ordine e con la salvaguardia della sicurezza, e occupiamoci del segretario del Pd, che sente appunto l’esigenza di prendere le distanze. Da cosa? Dalla politica che si sporca le mani andando a mettere il naso nei punti delicati? Dalla politica che difende a tutti i costi lo stato di diritto? Dalla politica che affronta i problemi e non li elude per lisciare il pelo ai cittadini fuorviati? Dalla politica che si permette di non fare calcoli strumentali per privilegiare le questioni reali?

Non accetto i politici che subordinano le loro iniziative al mero consenso elettorale. Paradossalmente parlando, in questo momento di emotività, per andare dietro alla corrente bisognerebbe ripristinare la pena di morte. Per chi? Come se non stessimo già dando indirettamente la pena capitale ai migranti che muoiono in mare, come se non stessimo criminalizzando persino chi osa aiutare i disgraziati che cercano di vivere, come se non stessimo incarcerando tutta la società seminando paura, odio e rancore.

Ci sono due atteggiamenti per vivere la democrazia: provocarla e snidarla sostanzialmente nei suoi punti deboli; accarezzarla nel suo appeal emotivo e superficiale. Sono nettamente schierato dalla parte dei provocatori e non mi interessano i difensori d’ufficio. Caro Zingaretti, caro Fiano, caro Calenda “il coraggio, dice Alessandro Manzoni, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”. È la riflessione di don Abbondio al termine del colloquio con il Cardinale Borromeo. Voi non ce l’avete e, per non sbagliare, non cercate nemmeno di darvelo. Potreste provare a parlarne con papa Francesco…