Una UE “spadrineggiata” dagli Stati membri

Se è vero, come è vero, che le idee camminano sulle gambe degli uomini, le nomine alle massime responsabilità istituzionale dell’Unione Europea, rivestono una importanza enorme perché da esse dipende il futuro comunitario. Si profilano tre eventualità: un vivacchiare, un tirare a campare con le istituzioni comunitarie sostanzialmente bloccate sugli accordi intergovernativi; un passo indietro per nazionalizzare la Ue svuotandola completamente e trasformandola nella mera cassa di compensazione degli interessi degli Stati membri; un passo deciso in avanti verso la federazione con la valorizzazione e la riforma delle istituzioni.

Non mi scandalizza il fatto che sia aperta una faticosa trattativa per arrivare alle suddette nomine: gli accordi si cercano e si trovano discutendo, confrontandosi, persino litigando, per arrivare al compromesso ai livelli più alti. Che preoccupa è la logica spartitoria fine a se stessa o meglio finalizzata unicamente a far quadrare il cerchio degli Stati e dei partiti, mentre della Ue e del suo futuro non frega niente a nessuno. Tutti ci vogliono essere, per fare cosa non si sa.

Si sperava che le elezioni europee servissero a distinguere il campo fra europeismo ed euroscetticismo (o ancor peggio): da una parte hanno fortunatamente segnato come minoritaria la spinta sovranista e nazionalista, ma dall’altra parte hanno creato un precario equilibrio politico all’interno dell’area maggioritaria favorevole, sulla carta, ad una visione di Europa sempre più integrata.

Quando mia sorella andò, in rappresentanza del movimento femminile della Democrazia Cristiana, in visita alle istituzioni europee, tornò a casa estremamente delusa e, col suo solito atteggiamento tranchant, disse fuori dai denti: “Sono tutti dei mezzi fascisti!”. Penso volesse dire che non credevano in un’Europa aperta, solidale, progressista e partecipata, ma erano chiusi in una concezione conservatrice se non addirittura reazionaria. Può darsi che da allora la situazione sia addirittura peggiorata. Non vorrei che fossimo costretti a cercare il male minore, vale a dire chi è meno conservatore, meno reazionario, meno fascista: il compromesso ipotizzabile ai livelli più bassi.

Si fa molta fatica a capire quale sia la linea del PPE, uscito piuttosto malconcio dalla prova delle urne, dove si annidano effettivamente opzioni di destra e dove infatti qualcuno vorrebbe addirittura cercare accordi con i sovranisti più ragionevoli. I liberali, che hanno avuto un notevole successo elettorale, restano incollati al liberalismo in politica e al liberismo in economia e non riescono a coniugarli e collocarli in un processo di ulteriore integrazione europea. I socialisti hanno perso un sacco di voti e soffrono maledettamente la difficoltà di socializzare l’Europa e di smentire nei programmi e nei fatti l’idea di una comunità dei forti e dei burocrati. I verdi, usciti molto rafforzati dalla competizione, sono, a livello europeo, la forza politica più interessante perché riescono a sintetizzare le spinte contestatrici del passato con una forte idealità europeista, la vocazione ambientalista con l’anima sociale, l’anelito sbarazzino dei giovani con l’esperienza passata dei meno-giovani: nessuno però ha il coraggio di farne la forza politica decisiva.

Se la politica con la “P” maiuscola non trova spazio, si ripiega necessariamente sugli accordi di bottega: temo che, dopo le maratone negoziali ed i veti incrociati, finirà tutto nella solita menata franco-tedesca con un basso profilo istituzionale “spadrineggiato” dagli Stati che se lo possono permettere, con un piacere ai detrattori dell’Ue e un pessimo servizio al futuro all’Europa. L’Italia in tutto ciò non conta letteralmente “un cazzo”. Il movimento cinque stelle non trova uno straccio di alleato con cui fare gruppo al parlamento europeo; la Lega coltiva rapporti incestuosi a livello populista con i nemici dell’Italia; il governo non ha voce in capitolo soffrendo di una  grave forma invalidante di afonia dovuta ad alterazione degli indici di bilancio; Forza Italia, che si colloca nel PPE, non esprime un bel niente piegato in carta filo-salviniana; il PD  è poco per essere veramente socialista e troppo per essere liberal-mercatista. Siamo, in buona sostanza, i parenti poveri, che oltretutto gridano e disturbano e sono destinati a dormire in cantina. Per un Paese fondatore della Ue non è male…