La terra, la luna e tu

La luna ha cinquant’anni e non li dimostra. Siamo noi che, nei cinquant’anni dall’aver messo il piede su di essa, siamo invecchiati malissimo. Lei continua ad illuminare le nostre notti e noi continuiamo ad oscurare i nostri giorni. Ci siamo illusi di inaugurare una nuova era facendo “un grande passo per l’umanità” e invece siamo rimasti col piede incerto e sollevato alla ricerca di un approdo sicuro.

Lo scetticismo di quei giorni era incarnato dai tifosi dell’Unione Sovietica, che si nascondevano dietro il dito etico del miglior utilizzo umanitario dei fondi spesi per arrivare fin lassù; dagli atei permalosi che nelle conquiste spaziali trovavano una prova dell’inesistenza di Dio; dai retroscenisti di sempre che vaneggiavano alla ricerca di una colossale bufala di stampo americaneggiante;  dai disfattisti che vedevano il rischio di una scienza fine a se stessa, inutile nelle sue stucchevoli esercitazioni.

Si sbagliavano tutti, ma, siccome sbagliando s’impara, abbiamo imparato tutti che forse era meglio vivere come bruti piuttosto che seguir virtude e conoscenza. Cosa vuoi? la luna? Ebbene ce l’hanno data e ci sembrava di aver toccato il cielo con un piede, se non che abbiamo visto ancor meglio la piccolezza della terra e ci siamo attaccati ad essa e l’abbiamo rovinata sotto gli occhi attoniti di una sussiegosa luna.

“Perché tarda la luna? Faccia pallida! Mòstrati in cielo! Presto! Vieni! Spunta! O testa mozza! O squallida! Vieni! O esangue! O squallida! O taciturna! O amante smunta dei morti! O taciturna, mòstrati in cielo!”. Così si canta provocatoriamente nella pucciniana Cina di Turandot.

È meglio vivere una notte piena di luci o un giorno senza luce? Abbiamo scandagliato la luce della notte e abbiamo trascurato quella del giorno. Cinquant’anni…la luna è sempre al suo posto e noi siamo sempre più furi posto. Quella notte, avevo diciannove anni, mio padre era ingenuamente soddisfatto di poter morire dopo l’avverarsi di un simile sogno, mia madre, senza saperlo, era la nostra luna famigliare e quindi giocava in casa, mia sorella si appassionava nel prevedere le conseguenze politiche negli equilibri internazionali. Stavamo saltellando sulla luna e non ci accorgevamo che sarebbe stato inevitabile precipitare in terra.

“Casta Diva, che inargenti queste sacre antiche piante, a noi volgi il bel sembiante senza nube e senza vel. Tempra, o Diva, tempra tu dei cori ardenti, tempra ancor lo zelo audace, spargi in terra quella pace che regnar tu fai nel ciel”. Così canta devotamente la belliniana e mitica Norma.