Il trionfo dell’insensatezza

Da tempo il Presidente della Repubblica, con tutta l’autorevolezza e la credibilità di cui è portatore, invita ad abbassare i toni dello scontro politico e ad evitare lo scivolamento in un clima di vera e propria rissa sociale. Fiato sprecato: molti applaudono e pochi gli danno retta. Non ascolta e fa spallucce chi ha scommesso il proprio successo politico sullo scatenamento di tensioni continue. In queste cose si sa come si comincia e non come si va a finire.

La dicono lunga le grida e gli insulti sessisti lanciati contro Carola Rakete, la capitana della sea watch, al momento del suo arresto. Non accetto le urla contro i delinquenti comuni o mafiosi, figuriamoci cosa penso delle schifezze indirizzate ad una giovane donna rea soltanto di agire secondo la propria umana ed ammirabile coscienza. C’è un apprendista dittatore. Si chiama Salvini e non mi sento snobisticamente di sottovalutarlo: sobilla il popolo, soffia sul fuoco, le spara sempre più grosse. Troppa gente lo prende sul serio e trova il modo di sfogare così le proprie frustrazioni. Se andiamo avanti così, mi aspetto una vera e propria guerriglia di piazza, a meno che l’Europa non ci metta a cuccia. Però è già pronta l’opzione “b”, dopo quella principale dell’odio, più o meno razziale, contro i migranti: l’odio contro la Ue, che ci vuole tartassare e condizionare sul piano economico-finanziario. L’importante è avere sempre un nemico a disposizione su cui scaricare le proprie incapacità: un tempo a tale scopo si facevano le guerre, oggi si scatenano le risse sociali.

Qualcuno, me compreso, si era illuso che il M5S potesse funzionare da argine contro la rabbia della gente inviperita, offrendo ad essa uno sbocco politico purchessia (meglio di niente): i grillini volevano, come dice acutamente Eugenio Scalfari, abbattere tutti gli alberi, per poi coltivare il prato a loro piacimento.  Intendevano fare “tabula rasa”. Ammetto e capisco come la tentazione della scorciatoia protestataria, abbinata ad un certo qual populismo di maniera, diventi sempre più consistente davanti a corruzione dilagante della classe politica, a sfarinamento della società, a progressivo indebolimento istituzionale, a crescente crisi economica e sociale. Mi sovviene lo strafalcione di un mio simpatico conoscente. Quando spuntava qualche amico, di cui aveva appena (s)parlato, esclamava: «Ecco, tabula rasa!». Voleva dire “lupus in fabula”, ma faceva lo stesso. Negli ultimi tempi il velleitario “tabula rasa” dei grillini ha finito con l’essere una sorta di evocativo “lupus in fabula” verso gli alleati/avversari leghisti.

I due partiti protagonisti della vita politica italiana, come dice ancora il già citato Scalfari, sono nati rispettivamente sotto il cavolo di Umberto Bossi e Beppe Grillo. Crescendo si sono allontanati dai padri naturali e si sono rifugiati nella mera propaganda elettorale furbescamente capace di interpretare i pessimi umori della gente in libera uscita dalla politica. C’è differenza fra i Vaffa grillini e i gli slogan bossiani rispetto alle attuali tattiche del M5S e della Lega. I pentastellati, sulla base della loro incapacità, si sono invischiati in un governo assurdo che li sta progressivamente logorando e da cui pensano di affrancarsi alzando finte barricate di merito su questioni puramente strumentali: i grillini sono in crisi di d’identità e l’elettorato lo ha capito. I leghisti capitanati da Salvini hanno portato all’eccesso i furori bossiani, trasferendoli dalle folcloristiche battaglie per l’indipendenza della Padania alle pericolosissime risse ideologiche di stampo populista per non dire fascista.

L’odio razziale è l’ingrediente principale delle loro strategie, in modo scoperto e sbracato nel caso di Salvini, in modo subdolo ed ipocrita nel caso dei grillini riveduti e scorretti. Gli insulti razzisti e sessisti vomitati contro Carola Rakete non sono altro che la tempesta raccolta da chi semina vento. Mi stupisco di chi si stupisce e fa finta di stupirsi e di censurare. Picchia oggi, picchia domani, la situazione sta precipitando. Per dirla con Alessandro Manzoni: “Il buon senso c’è, ma se ne sta nascosto per paura del senso comune”.