Il selfie alla deriva fascista

La foto circolata nei giorni successivi alla drammatica uccisione del carabiniere in servizio, avvenuta ad opera di ragazzini americani rimasti invischiati nel mondo della droga ed autori di una folle aggressione tanto sconsiderata quanto violenta, è la sintesi della crisi totale di valori in cui stiamo precipitando. In essa, che ritrae uno dei due ragazzi americani ammanettato e bendato, c’è il dolore per la morte di un servitore dello Stato che si fa vendetta; c’è l’umiliazione coatta di un ragazzo rovinato per tutta la vita da un episodio assurdo al limite del demoniaco; c’è l’odio che risponde all’odio in una spirale senza fine che ci porta al disastro; c’è la reazione sbagliata alla violenza con la violenza; c’è l’illusione di recuperare dignità e forza schiacciando il colpevole; c’è il pubblico potere che, farneticando, induce a farsi giustizia da sé; c’è l’aggressione dei disvalori che cancella i valori; c’è da rimanere sbigottiti e confusi.

Davanti ad essa non si scontra il “cattivismo” difensivo dello Stato con il “buonismo” arrendevole delle anime belle; si scontra la civiltà con la barbarie, la storia con la preistoria. Sullo sfondo dell’immagine si nota, appesa al muro, la fotografia di Falcone e Borsellino: allo sfregio del sacrificio di Mario Cerciello Rega si aggiunge lo sfregio al loro sacrificio. Stiamo buttando la società nella merda! Fermiamoci, se siamo ancora in tempo, perché non è possibile andare indietro fino a tal punto.

Le prime galline hanno cantato dopo aver fatto l’uovo. Il titolare del Viminale ha ribadito il suo dissennato concetto: “A chi si lamenta della bendatura di un arrestato, ricordo che l’unica vittima per cui piangere è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un Carabiniere, un servitore della Patria morto in servizio per mano di gente che, se colpevole, merita solo la galera a vita. Lavorando. Punto”. La vittima per cui piangere è la nostra società, che sta brancolando nel buio anche per colpa di politici, che meritano, come minimo, di andare a casa, di cambiare mestiere. Punto. Lasciamo perdere le altre galline di contorno. Un esponente leghista di cui non ricordo il nome ha fatto una dichiarazione tutta contro l’immigrazione clandestina: forse nessuno gli ha detto che le indagini sul fatto di sangue in questione stanno prendendo tutt’altra piega. Cosa c’entra l’immigrazione? Quella c’entra sempre, perché è il modo di conquistare le menti alla politica populista e reazionaria.

Per fortuna il premier Conte ha rilasciato dichiarazioni improntate a moderazione ed equilibrio: fino a quando potrà restare al suo posto per raccattare gli escrementi dei suoi colleghi di governo? Sì, perché sta facendo quello. È poco, ma, devo ammetterlo, è meglio di niente. “L’Italia è uno Stato di diritto, la culla della civiltà giuridica dai tempi dell’antico diritto romano; abbiamo principi e valori consolidati: evitiamo di cavalcare l’onda delle reazioni emotive”: sentirlo ripetere fa bene al cervello e al cuore.

Che mi preoccupa non sono le parole e le invettive di Salvini e c., che mi preoccupa è la progressiva, ingenua, ma comunque colpevole, adesione della gente ad una politica fondata sulla paura, sull’odio, sul risentimento e sul rancore: se si consolida questa tendenza sociale siamo fritti in una padella, che non so definire altrimenti che fascista.