Una Repubblica inclusiva

Se qualche generale in pensione o in servizio non partecipa alla parata militare celebrativa del 02 giugno, non vado sinceramente in crisi, anzi. Ho sempre avuto notevoli perplessità sull’abbinamento della festa della Repubblica con l’enfatica ostentazione della nostra forza (?) militare. Finalmente, seppure in modo poco chiaro, la contraddizione è emersa con la protesta dei generali e le reazioni nostalgiche di qualche politico alla ricerca di consenso (forse non hanno capito che le elezioni ci sono già state).

Non ho sinceramente intuito se i malumori in divisa siano dovuti “all’inclusione” quale tema scelto dal ministro della difesa Elisabetta Trenta per la parata militare: se la ministra voleva sottolineare il fatto che la festa non riguarda solo le forze armate ma tutti i cittadini disarmati, non posso che essere d’accordo con lei e, se alla bandiera italiana dipinta in cielo dalle Frecce Tricolori, si vuole accostare la bandiera arcobaleno della pace, sono oltre modo solidale con la ministra grillina. Mi sono sempre chiesto come si faccia a celebrare la Repubblica con una sfilata di uomini e mezzi armati: una Repubblica che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Mi si obietterà che le forze armate servono a difendersi ed hanno anche scopi pacifici. Benissimo, allora cerchiamo di essere contenuti ed evitiamo inutili manifestazioni di potenza (?).

Un mio carissimo e indimenticabile insegnante di italiano e storia, se la prendeva giustamente con una certa retorica celebrativa, e faceva l’esempio della sempre evocata “gloriosa Marina”. Aggiungeva ironicamente: allora mettiamoci anche il glorioso esercito di insegnanti, di spazzini, di impiegati, di tutti coloro che fanno il loro dovere al servizio dello Stato. Il suo discorso non era disfattista, certamente un tantino pacifista, ma soprattutto civicamente e didatticamente ineccepibile.

Dopo aver dato il giusto spazio al ricordo scolastico, vado a frugare nella memoria famigliare.  Mio padre aveva fatto il servizio militare con spirito molto utilitaristico ed un po’ goliardico (per mangiare perché a casa sua si faceva fatica), cercando di evitare il più possibile tutto ciò che aveva a che fare con le armi (esercitazioni, guardie, tiri, etc.) a costo di scegliere la “carriera” da attendente, valorizzando i rapporti umani con i commilitoni e con i superiori, mettendo a frutto le sue doti di comicità e simpatia, rispettando e pretendendo rispetto aldilà del signorsì o del signornò. Raccontava molti succosi aneddoti soprattutto relativamente ai rapporti con il tenente cui prestava servizio. Aveva vissuto quel periodo come una parentesi nella sua vita e come tale l’aveva accettato, seppure con una certa fatica. Mio padre infatti era estraneo alla mentalità militare, ne rifiutava la rigida disciplina, era allergico a tutte le divise, non sopportava le sfilate, le parate etc., era visceralmente contrario ai conflitti armati.

Torno alla polemica fra la ministra e gli alti gradi dell’esercito. Qualcuno sostiene che tutto sia dovuto alla messa in discussione di certi diritti pensionistici, qualcun altro fa risalire i contrasti ad un atteggiamento di fondo del governo piuttosto evanescente in materia di stanziamenti di spesa. Il discorso si fa ancor più delicato e complesso. I grillini sono specializzati nel fare confusione tra sacrosante e innovative scelte politiche ed incapacità ad affrontare le questioni con competenza ed equilibrio: in poche parole non sanno fare politica e, quindi, rovinano anche le migliori intenzioni e intuizioni. Tuttavia, se dovessi fare l’elenco delle critiche ai pentastellati, in esso non inserirei la disattenzione verso i motivi della protesta e della mancata partecipazione dei generali alla parata del 02 giugno. Viva la Repubblica!