Un inverno olimpico per scaldarsi

Nel bel mezzo della inevitabile ventata retorica, le olimpiadi scatenano un clima positivo in chi le progetta, le realizza e le vive. Siamo ancora nella fase iniziale, ma l’atmosfera positiva ed unificante ha coinvolto un po’ tutti. Merito della Grecia antica da cui sono nate? Di Pierre de Coubertin che le ha riproposte alla fine del XIX secolo?  Di chi nel 1924 ha istituito i giochi anche per gli sport invernali? Di chi ha varato le competizioni fra persone disabili? Certo la storia delle Olimpiadi è riuscita a condizionare ed a sovrapporsi in chiave propositiva alla storia dell’umanità; a volte ne è uscita troppo coinvolta, ma comunque ha tessuto una tela benefica di cui usufruire.

Mai come in questo momento per l’Italia è valso il motto “l’importante non è vincere, ma partecipare”: il nostro Paese infatti è riuscito a trovare mezzi e risorse in una imprevedibile unità d’intenti, si è candidato a gestire l’evento, gli è stata concessa questa chance da non sprecare. Partecipiamo a pieno titolo alla storia olimpica e dobbiamo cercare di vincere non tanto le gare sportive (a quelle penseranno gli atleti), ma la scommessa sulla capacità italiana di ospitare degnamente un simile evento mondiale. Le premesse ci sono: abbiamo bellezze naturali da mettere in campo, arte e cultura da esibire, risorse umane da impiegare, creatività da sfogare, laboriosità da esprimere. Credo siano qualità potenziali riconosciute da chi ha deciso la localizzazione italiana e ne dobbiamo andare orgogliosi.

C’è una cosa da fare: bisogna continuare a cercare l’unità di intenti fra tutte le istituzioni interessate e da coinvolgere. Nei momenti importanti e fondamentali il nostro Paese sa trovarla uscendo dalle strettoie dell’individualismo, del particolarismo e del settarismo e proiettandosi in una dimensione nazionale e sovranazionale, aiutato dal patrimonio ideale e culturale di cui è ricco.  Ben vengano le Olimpiadi invernali a sgelare paradossalmente i rapporti egoisticamente raffreddati nelle stanze del potere ed a scaldare la prigione degli sfiduciati atteggiamenti della gente comune.

C’è una cosa da evitare: rinchiudersi in una logica affaristica seppellendo l’evento sotto una coltre di interessi profani. I fattori economici sono importanti: investimenti in infrastrutture, sviluppo turistico, iniziative imprenditoriali, lavori pubblici e privati, etc. Non sono tutto e non devono prevaricare teoricamente e praticamente sullo spirito olimpico, che va ben oltre il palaghiaccio e le piste sciistiche: il lavoro di chi realizza le strutture, la passione di chi gareggia, la curiosità di chi girerà l’Italia. L’affarismo è una brutta bestia in agguato a tutti i livelli, dobbiamo domarla, addomesticarla e usarla a fin di bene.

Ho notato il genuino entusiasmo con cui i promotori e tutti i cittadini hanno accolto l’assegnazione a Milano-Cortina della realizzazione delle Olimpiadi invernali 2026. Un buon segnale di cui il Paese aveva necessità, una iniezione di fiducia da mettere in circolo, una occasione da non sprecare. Mio padre scandiva i ritmi della sua vita sulle scadenze olimpiche. Si chiedeva: arriverò a vedere le prossime? Non era una banale ansia di sopravvivenza, era la voglia di vivere la storia partendo anche da queste prospettive di umana condivisione e di sana competizione.