Più laico dei laicisti

Un gruppo di parlamentari laici di diversi partiti ha presentato una mozione che intende rivedere i rapporti con la Chiesa cattolica in occasione dei 90 anni del Concordato con lo Stato italiano. Nella mozione si elencano quattro punti in discussione da molto tempo: l’abolizione dell’ora di religione e la sua sostituzione con un’ora di educazione civica; la modifica dei criteri di ripartizione dell’8 per mille (la quota non destinata viene suddivisa percentualmente a seconda delle destinazioni indicate dai contribuenti col risultato che metà dell’ammontare arriva sempre alla Chiesa cattolica); la revisione delle norme sull’IMU relativa ai beni immobili della Chiesa Cattolica; l’azione determinata a dare attuazione alla sentenza della Corte europea recuperando l’ICI non pagata dalla Chiesa negli anni passati.

Mi sono chiesto: se io, cattolico convinto e praticante, fossi un parlamentare, avrei sottoscritto questa mozione di stampo laico? Non ho nemmeno verificato chi siano i presentatori del documento per non essere in qualche modo influenzato in un senso o nell’altro. La risposta è “sì”. Per quattro motivi che sinteticamente esprimo di seguito.

Più che di religione preferisco parlare di fede quindi, dal momento che essa è un dono di Dio da accogliere e coltivare, non può essere insegnata, può essere semmai testimoniata, ma è tutto un altro discorso. Ottima invece l’idea di introdurre l’insegnamento dell’educazione civica. Quando mi capita di seguire televisivamente un quiz mi accorgo che i concorrenti incespicano clamorosamente sulle nozioni basilari relative alla vita istituzionale della nostra società democratica ed ai rapporti dei cittadini con le istituzioni stesse.

L’8 per mille non ha senso di per sé in quanto ritengo che alle necessità e alle opere della Chiesa debbano provvedere direttamente i credenti, figuriamoci se posso essere d’accordo con un meccanismo di sostegno pubblico chiaramente truffaldino. Da parecchio tempo infatti non destino più personalmente l’8 per mille alla Chiesa cattolica, ma lo ritorno allo Stato.

I privilegi fiscali sono una contraddizione palese con il dettato evangelico: cerchiamo infatti di non dare a Cesare con la scusa di dare a Dio quel che non è di Dio. Già il fatto che la Chiesa abbia la proprietà di molti beni mi suona piuttosto male, ma che poi su tali beni non paghi le tasse è veramente scandaloso.

Se in passato la Chiesa non ha pagato le tasse, bisogna pensare ad una sorta di concordato fiscale all’interno del Concordato vero e proprio: pagare gli arretrati, magari senza sanzioni, ma con i dovuti interessi. I cattolici devono avere il coraggio di mettersi una mano al cuore e una al portafoglio, di cominciare a razzolare ancor meglio di come parlano.

Nella mozione è scritto che “i privilegi per la Chiesa Cattolica contrastano con la crescente secolarizzazione della società italiana dove i cattolici praticanti sono circa il 30% della popolazione e scendono al di sotto di questa percentuale tra i giovani”. I privilegi non sono accettabili a prescindere dalla fidelizzazione o secolarizzazione della società: non si possono infatti catalogare e “sondaggiare” le coscienze ed anche se paradossalmente tutti gli italiani fossero cattolici e praticanti, non sarebbero giusti i privilegi alla loro Chiesa. Conclusione del discorso: mi sono ritrovato più laico dei laicisti!