La luna dello scontro nel rio del confronto

Il governo italiano ha la immeritata fortuna di avere due insegnanti di sostegno, che tentano, alacremente anche se discretamente, di aiutarlo a recuperare metodo plausibile e competenza indispensabile. Sergio Mattarella sta facendo a suo modo i salti mortali per condurre il governo ad una prassi esecutiva istituzionalmente corretta e politicamente ragionata. Poi arriva in soccorso anche Mario Draghi, probabilmente imbeccato dallo stesso Mattarella. Durante una delle solite periodiche conferenze stampa ha rassicurato che la Bce manterrà inalterati i tassi di interesse fino a metà del 2020, mentre sta valutando la possibilità di una ripresa del “quantitative easing” e quindi che farà tutto il possibile per sostenere la crescita: non sono elementi di poco conto.

In questa occasione si è espresso, con la solita prudenza, sui problemi economico-finanziari italiani.  A tal proposito ha affermato: «Sappiamo tutti che far scendere in fretta rapporto debito/pil è impossibile. Deve esserci un piano di medio termine credibile e la credibilità del piano dipenderà dal come sarà progettato e dalle azioni che indicherà». Fine della lezione di politica-economica. Con questi preziosi consigli ha senz’altro voluto chiudere la bocca a chi sostiene strumentalmente che la Ue stia chiedendo la luna, vale a dire un calo veloce del debito, che affonda le sue radici in un lungo passato e quindi non può trovare soluzione che in un lungo e faticoso futuro.

Quando nella mia modesta esperienza professionale mi trovavo alle prese con debitori recalcitranti, mi permettevo innanzitutto di chiedere la rottura dell’equivoca e silenziosa latitanza e quindi la spiegazione oggettiva dei motivi del ritardo. Poi suggerivo di presentare un piano di rientro in tempi ragionevoli, ma di fare immediatamente anche un gesto, magari piccolo, di buona volontà, nonché di monitorare assieme la situazione per seguirla nel suo divenire, apportando eventuali correzioni strada facendo. Era il modo per capire se il debitore voleva fare il furbo o se aveva la seria intenzione di far fronte, seppure nel tempo, ai suoi impegni. Generalmente il metodo funzionava e, seppure a fatica, ci si arrivava in fondo senza cadaveri.

Mi sembra che Draghi abbia consigliato una strada di questo tipo nei confronti della Ue, uscendo dalle ingiustificate e stizzite reazioni di inutile orgoglio, elaborando proposte spalmate in tempi ragionevoli, fissando comportamenti coerenti con gli obiettivi del piano. Certo, se si comincia rivendicando un’assurda libertà di comportamento e pretendendo un atto di fede dall’Unione Europea, non si può andare lontano. Se si comincia il piano da una irrinunciabile diminuzione delle imposte, non si dà quel segnale di buona volontà che rende credibile tutto il discorso. Bisogna discutere seriamente su proposte serie e avendo la dignitosa umiltà non tanto di chiedere aiuto, ma collaborazione e condivisione di una strategia, vale a dire degli obiettivi, dei tempi e dei modi per raggiugerli, nonché una verifica costante delle terapie adottate.

Quando un soggetto è malato, deve innanzitutto ammettere di esserlo e non dare la colpa alle analisi sbagliate o alle diagnosi azzardate. Non deve affidarsi agli stregoni del caso o gironzolare alla ricerca disperata di un medico che gli tolga la malattia. Deve ascoltare i consigli, sottoporsi alle terapie concordate, fare gli opportuni controlli, adottare un percorso terapeutico il meno invasivo possibile, ma incisivo e concreto. Avrà il governo italiano questa capacità? Mario Draghi ci sta consigliando molto bene, ma, come spesso accade, non si vogliono ascoltare i buoni consigli e si preferisce fare di testa propria, soprattutto quando si ha poca testa.