Il povero perdente e il ricco demente

Un concentrato di cazzate, dette e fatte, come quello inerente alla visita di Donald Trump in Inghilterra è difficile da riscontare nella storia della diplomazia internazionale. Il presidente americano è entrato a piedi pari nel difficile momento storico della brexit, incoraggiando apertamente il “no deal”, un’uscita dura, e intromettendosi negli equilibri interni britannici con una chiara opzione a favore di Boris Johnson se non addirittura di Nigel Farage (un bel trio, non c’è che dire…).

Ha promesso patti commerciali favolosi in compensazione dei danni conseguenti alla brexit, di mostrando di voler osteggiare il processo di integrazione europea, corteggiando i singoli Stati nella logica del più bieco “divide et impera”. Si è inserito da par suo nel cerimoniale monarchico, ostentando una padronanza esagerata e provocante della scena: il vero re era lui, tutti gli altri non erano nessuno.

Ha trovato il modo di insolentire il sindaco di Londra, colpevole di essere di origini pakistane, di essere “abbronzato”, labourista, europeista e portatore di una visione aperta in tema di immigrazione, scrivendo su twitter :“Sadiq Khan, che secondo tutti i report sta amministrando malissimo Londra, si è dimostrato “odioso”, oltre che poco razionale, nei confronti dell’arrivo del presidente degli Stati Uniti, di gran lunga il più importante alleato del Regno Unito. Khan è un povero perdente senza speranza, che dovrebbe concentrarsi di più sulla battaglia contro il crimine nella sua città, non su di me…”. Lo ha poi paragonato a un altro “sindaco sciocco come quello di New York Bill de Blasio”.

Se è stato irritante e stomachevole il comportamento trumpiano, penoso e miserevole quello delle autorità britanniche, dalla Regina a tutto il suo entourage, dall’anatra zoppa di Theresa May ai suoi possibili estemporanei successori, dai conservatori illusi dalle promesse americane ai labouristi incapaci di assumere una linea decisa e contraria alle minchiate della classe dirigente del loro Paese. Anche il popolo britannico, pur esprimendo con qualche manifestazione la protesta e il dissenso verso questo assurdo e prepotente americano, non riesce a trovare una sua dignitosa linea di contrapposizione alla deriva nazionalista, che vede in Trump un invadente alleato.

Povera Inghilterra, povera Europa, povera Italia, povero mondo in mano a un simile squallido personaggio. Trump ha lo scopo di indebolire l’Unione Europea e speriamo che, Inghilterra a parte, non gli venga concesso. Egli spinge per la Brexit dura: “Mandate Farage a negoziare e uscite dall’Ue senza pagare”. In confronto a questo buzzurro, il nostro Matteo Salvini è un mostro di diplomazia e dialogo.

Non posso  dimenticare l’emblematico episodio della propensione scozzese, seppure almeno in parte strumentale rispetto alle loro mire indipendentiste, verso l’Unione europea, sfociata in rabbia e che ha trovato, per ironia del destino, un ulteriore motivo di ribellione nelle parole proferite proprio in Scozia nei giorni del referendum dall’aspirante candidato repubblicano alle presidenziali americane, Donald Trump: «Vedo un reale parallelo fra il voto per Brexit e la mia campagna negli Stati Uniti». Nel pub di John Muir a Edimburgo, quando Trump è apparso in tv, tutti i clienti si sono avvicinati allo schermo. Poi, hanno tutti assieme cominciato a urlargli insulti di ogni genere, il cui meno offensivo è stato senz’altro pig, porco. Non so cosa sia successo in quel pub durante la visita a Londra di Trump, diventato presidente, e, per dirla con Ettore Petrolini, “più bello e più superbo che pria”.