Il borotalco post-elettorale

Ho provato ad analizzare i risultati elettorali dei ballottaggi, vale a dire dei secondi turni della consultazione per la nomina dei sindaci in diversi comuni sparsi nel territorio nazionale. Non sono riuscito ad individuare un vero e proprio filo conduttore (al di là di una certa aria favorevole alla destra) e forse è il bello delle elezioni comunali in cui giocano più le persone dei partiti. Alla giusta localizzazione degli impulsi si aggiunge però una strana confusione al limite della schizofrenia. È un momento di grande incertezza, di rimescolamento delle carte, di “strazianti” abbandoni e di “improvvisi” ritorni.

Tutti i partiti hanno qualcosa di cui gioire e molto di cui soffrire.  La Lega, pur confermando un trend molto positivo, vince fuori casa a Ferrara e non solo, ma perde in casa a Rovigo (nel Veneto del suo radicamento storico-culturale); il M5S viene sfrattato a Livorno e conquista Campobasso; il Pd si accontenta di un pareggio globale, tiene la roccaforte emiliana, ma esce malinconicamente di scena in Romagna. L’affluenza alle urne supera di poco il 50%, dato fisiologico nei secondi turni, ma segnale di insoddisfazione da non sottovalutare.

La volatilità dell’elettorato trova una notevole e prevedibile conferma a livello locale: mentre nel passato ormai remoto si votava col cuore, nel passato prossimo si è votato con il portafoglio, oggi si vota alla viva il parroco. Tendiamo a sbandare, prima per eccesso di fedeltà ai richiami delle foreste, adesso per eccesso di attenzione alle spinte e controspinte demagogiche e strumentali. Eravamo più seri quando votavamo i rassicuranti simboli oppure oggi che votiamo sull’onda delle paure e delle illusioni? Quando terminò la contrapposizione ideologica dei grandi sogni, pensavo che i cittadini ripiegassero sulla politica delle piccole cose concrete ed invece sono tornati nel peggiore dei modi nell’area della teoria sostituendo ai sentimenti gli istinti.

Non trovo niente di ragionevole e di ragionato nel modo di porsi del cittadino elettore: è colpa sua o è colpa della politica che non riesce ad elaborare proposte credibili? Mi chiedo: come è possibile nel breve volgere di tempo passare da un largo consenso a Silvio Berlusconi ad un forte appoggio a Matteo Renzi per poi ripiegare sul placet a Luigi Di Maio e quindi approdare a Matteo Salvini. Rifiuto categoricamente la qualunquistica conclusione del “sono tutti uguali”. Il grave è che stanno saltando i riferimenti, si vota buttando in aria il cappello, in modo sperimentale, provando e riprovando qualcosa di nuovo.

L’avvocato Gianni Agnelli sosteneva che per creare una nuova classe dirigente occorrono circa venti anni: sono ampiamente scaduti, se partiamo dalla fine degli anni ottanta momento di caduta della cosiddetta prima repubblica. Siamo pertanto in mano a nessuno e brancoliamo nel buio.

Tento di orientarmi attaccandomi ai ricordi di carattere famigliare. Sulla vita e sulla personalità della mia nonna materna ci sarebbero parecchie cose da dire, in chiave elogiativa naturalmente. Anche perché mi conviene in quanto è stata dimostrata ripetutamente la mia somiglianza di carattere con nonna Ermina. Tutto me la rende simpatica ed ammirabile, sono vicino ai suoi drammi, alle sue sfuriate, alle sue esagerazioni. Anche la interminabile e gustosa antologia di strafalcioni contribuisce ad aggiungere quel tocco di amabilità comportante un patto generazionale tra me e lei. Io, il più giovane dei suoi nipoti, l’ultimo della dinastia, nonostante tutto sento per lei un grande debito di riconoscenza. Vado a prestito da nonna Ermina di un suo clamoroso strafalcione. Per dire in dialetto “borotalco” sciorinava un incredibile e buffo termine: “balotàgg”. Ebbene, la storia le sta dando ragione: il risultato dei ballottaggi ha creato a tutti, checché se ne dica, un disagio tale da essere curato con robuste applicazioni di borotalco, meglio se mentolato.