Gli assurdi martiri del pallone

A Roma, nella omonima società calcistica, va di moda il vittimismo. Un tempo, quando un calciatore, smetteva di giocare, si diceva pittorescamente che appendeva le scarpette al chiodo. Attualmente i calciatori, che decidono di interrompere la carriera o si avvicinano a quell’inevitabile momento, imbastiscono un mix di rimpianto e risentimento, sotto i riflettori mediatici, istigando il sentimentalismo degli inconsolabili i tifosi. Nei giorni scorsi il calciatore Daniele De Rossi ha lasciato il campo romanista con poca dignità e tanto livore. Francesco Totti, collocato da qualche tempo nel parterre dirigenziale romanista quale “santo subito”, ha rifatto la sceneggiata a babbo morto (a campionato deludentissimo concluso), sentendosi sostanzialmente escluso dal management giallo-rosso, sputando rospi e togliendosi sassolini dalle scarpe.

Credo che alla fonte di questi comportamenti ci sia un’immaturità di fondo di questi personaggi che hanno identificato la loro vita col pallone e che non si rassegnano nel vederlo girare. Hanno giocato per tanti anni con un pallone e alla fine, come si suole dire, vanno nel pallone. Non sanno farsi da parte e dedicarsi ad altro, vogliono a tutti i costi rimanere in campo e sputano veleno se qualcuno osa metterli da parte. Hanno guadagnato impropriamente immense ricchezze, sono stati esageratamente coperti di lodi e successi, hanno vissuto mediaticamente nel gotha pallonaro ed extra-pallonaro: quando si spengono le luci della ribalta, si sentono offesi e umiliati e vanno alla ricerca a tutti i costi di un posto al sole.

E le tifoserie se li prendono a cuore, i media li prendono sul serio, tutti ne parlano. Diventano vittime e martiri di un sistema, che in realtà li ha coperti di soldi e successi. Non si capisce cosa vogliano: una panchina immediata e facile? una scrivania garantita e prestigiosa? un perpetuo ingaggio? È sempre difficile andare in pensione, soprattutto in giovane età e con alle spalle una carriera piena di soddisfazioni di ogni genere. Il segreto però non sta nel continuare a fare più o meno la stessa vita, ma nel trovare il coraggio di cambiare vita, di dedicarsi ad altro senza intestardirsi nel proseguire e riciclare un’esperienza finita.

Tempo fa mi raccontavano di un mio conoscente che trascorreva il tempo della pensione gironzolando intorno alla sede del suo vecchio ufficio alla disperata ricerca di contatti e rapporti umani. De Rossi, Totti e c. mi fanno, più o meno, la stessa impressione. D’altra parte si tratta della penosa sorte riservata ai divi dello spettacolo e cosa sono questi calciatori se non divi del pallone. Questi signori, dopo essersi abbondantemente arricchiti alla tavola del mondo calcistico, improvvisamente si accorgono dei difetti del sistema e pretendono di esserne esentati sulla base dei meriti accumulati sul campo. E osano persino contestare…ma mi facciano il piacere…