La bollente patata post-elettorale

Si tratta di elezioni europee, che dovrebbero avere una valenza continentale, ma la portata politica dei risultati italiani è tale da comportare serie conseguenze anche sul piano nazionale.  I due protagonisti della strana leadership governativa si sono affrettati ad escludere ricadute sugli equilibri di governo: Salvini non vuole e non deve stravincere, Di Maio non vuole e non deve straperdere. Sono impegnati a gestire un risultato opposto ed eclatante ed al momento abbozzano, fanno finta di riconciliarsi e di rilanciare il frusto contratto di governo.

Se, come ha detto sinceramente e correttamente l’importante esponente leghista Giancarlo Giorgetti dall’alto della sua posizione più che ministeriale (è sotto-segretario alla presidenza del Consiglio), avanti così non si poteva andare prima della consultazione elettorale, dopo avere rovistato nelle urne e trovato cosa pensano gli italiani, sarà oltremodo difficile andare avanti come se niente fudesse.

È vero che la somma degli addendi non è sostanzialmente cambiata e sta sopra al 50% dei consensi elettorali, tuttavia i rapporti di forza tra i partner di governo sono stati stravolti e non è serio far finta di niente. La Lega ha ottenuto quanto desiderava e il M5S ha ottenuto quanto temeva. E adesso?

In un Paese serio il presidente del Consiglio sarebbe già salito al Quirinale per rassegnare le dimissioni o per rimettere le decisioni nelle mani del Presidente della Repubblica, ma purtroppo viviamo in un Paese politicamente anomalo, dove prevalgono gli euroscettici, dove governano partiti diversi tra di loro come il giorno e la notte, dove il governo porta la croce e canta la messa, fa cioè due ruoli in commedia, quello di maggioranza e di minoranza, quello di governo e opposizione.

Il programma è stato inserito in un accordo contrattuale in cui si sono misurate forze contrapposte: impostazione istituzionalmente ai limiti della correttezza e politicamente assurda. Ora le forze sono cambiate, i presupposti del contratto non sono più gli stessi e, quindi, come prevede qualsiasi rapporto giuridico serio, dovrebbero scattare le clausole di salvaguardia, di revisione o di risoluzione. Oppure tutto era una baggianata e baggianata più baggianata meno…

Gli elettori non hanno purtroppo chiesto un’alternativa di governo, ma una diversa miscela per far marciare la stessa macchina. Bisogna prenderne atto per vedere se questa nuova miscela esiste e se è in grado di spingere a dovere la macchina stessa. Un tempo le chiamavano verifiche di governo, che preludevano a un rilancio o a una crisi.

Il presidente Conte si è recato alla riunione del Consiglio europeo, da euroscettico e da premier traballante tenuto in ostaggio da una delle principali forze sovraniste e populiste. Era stato definito un burattino nelle mani dei vice-premier, oggi è una marionetta sottoposta ai diktat leghisti. L’Italia è destinata a non contare nulla e a giocare di rimessa. Che bella situazione! Prima o dopo Mattarella dovrà intervenire e, forse, sotto traccia lo starà già facendo. Continuo a sperare in lui: anche se gli italiani, che lo osannano ovunque vada, gli consegnano delle patate sempre più bollenti.