Inni e canti della nostalgia

Il 06 maggio 1959 gli azzurri del calcio ebbero l’onore di giocare nel tempio di Wembley. Quella partita non passò alla storia per il risultato (un prestigioso 2 a 2 con rimonta italiana suggellata dai gol di Brighenti e Mariani), ma per la clamorosa gaffe (?) iniziale: la banda suonò in onore dell’Italia la Marcia Reale. Chi ironizzò sullo splendido isolamento inglese (una sorta di segnale profetico di Brexit) che impedì di conoscere come l’Italia fosse una repubblica da oltre dieci anni; chi pensò ad una provocazione istituzionale britannica in nome della sua irrinunciabile fede monarchica; nessuno si accontentò di archiviare l’episodio come un mero svarione protocollare.

Il re Felipe VI e suo padre Juan Carlos hanno partecipato, in questi giorni a Napoli, all’evento del Cotec Europa, una fondazione che si occupa di sviluppo tecnologico, soprattutto nella pubblica amministrazione. Il re spagnolo durante il suo discorso ha detto: «Le macchine già ci superano in molti campi, ma non ci superano in empatia e creatività, che debbono essere al primo posto nella formazione degli addetti alla pubblica amministrazione in un contesto sempre più automatizzato e digitalizzato ed in un quadro di mutamenti sociali e tecnologici accelerati». Queste parole, peraltro molto serie e realistiche, hanno avuto un ritorno di gusto assai ironico nel fatto che gli altolocati ospiti iberici sono stati accolti al teatro San Carlo di Napoli sulle note dell’inno di Spagna eseguito da orchestra e coro in una versione adottata durante il franchismo e abbandonata in democrazia. Attualmente, infatti, l’inno si esegue senza parole. I due sovrani non hanno fatto neanche una piega ascoltando l’esecuzione del coro delle voci bianche del San Carlo, ma il presidente Mattarella si è dovuto scusare per l’incidente.

Sono errori così clamorosi da lasciare sempre qualche margine di dubbio: in questi casi la dietrologia può veramente sbizzarrirsi alla ricerca di inconfessabili finalità pseudo-diplomatiche o clamorose provocazioni politiche. Alle recenti elezioni spagnole il partito neo-franchista ha ottenuto un buon risultato elettorale, inferiore tuttavia rispetto alle allarmistiche previsioni. Nel nostalgico clima reazionario europeo ci può stare anche un simile lapsus freudiano? Non saprei. Certo, siamo riusciti a fare una figuraccia: non ho idea di come si sarà giustificato Mattarella.

Alle esequie rigorosamente laiche di Enrico Berlinguer partecipò l’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, assai poco amato dal popolo comunista e sonoramente fischiato. A chi gli chiese un commento il leader socialista rispose con il suo solito stile arrogante e tranchant: “A funerali politici c’è posto anche per la contestazione politica”. L’episodio napoletano di cui sopra potrebbe essere chiosato con una parafrasi della suddetta frase craxiana: “Nell’aria destrorsa che tira in Europa e in Italia c’è posto anche per un inno franchista”. Meditiamo gente…