Il fascino discreto delle dimissioni

La bufera giudiziaria scatenata sulla governance della regione Puglia aveva portato alle dimissioni della presidente Catiuscia Marini. Non sono la persona giusta per parlare in merito: nella mia vita ho passato più tempo a rassegnare dimissioni che a raccogliere incarichi. Per me hanno sempre avuto un effetto liberante e non imbarazzante, indipendentemente dalle motivazioni sottostanti. Vuoi per mentalità personale, vuoi per ragioni politiche avevo visto con favore queste dimissioni, pur essendo la matassa giudiziaria ancora tutta da dipanare. Sono convinto che per qualsiasi persona in qualsiasi settore, quando viene fatta oggetto di indagini e quindi ne venga messa in discussione la correttezza, sia opportuno un passo indietro, non per ammettere preventivamente e scriteriatamente la propria colpevolezza, ma per togliere ogni imbarazzo a se stessa e agli altri.

Il consiglio regionale umbro ha discusso queste dimissioni e le ha respinte. Non entro nel merito dei motivi alla base di questa deliberazione. Mi ha sorpreso il fatto che l’interessata abbia votato contro le proprie dimissioni adducendo ragionamenti di ordine burocratico e politico: “Ho attivato l’articolo 64 perché questa indagine non sviluppa esclusivamente profili penali singoli. Se avessi voluto dimettermi subito lo avrei fatto in base al comma 1 dell’articolo 64 dello statuto, dimissioni personali, come qualcuno avrebbe voluto. La sorte della legislatura non può non tenere conto di quanto ascoltato in quest’aula”.  Marini ha rivendicato quanto fatto in questi anni di legislatura e ha escluso “alcun interesse personale a rimanere essendo al secondo mandato”. La presidente ha poi sostenuto che “un governatore, anche in una fase così difficile, non può essere sottoposto a nessun tipo di ricatto, è una parola fortissima di cui mi assumo la responsabilità – ha puntualizzato – ma non può esserci né da parte della propria comunità politica né da altri. Il presidente deve avere la serenità di fare una valutazione politica”. “Io so – ha aggiunto – di aver agito sempre con onestà, buonafede e rispetto della legge e rispetto un’indagine che mi vede come persona indagata, ma questo rispetto ce l’ho più come presidente della Regione. Ho fatto errori politici e anche umani, ma so che ho rispettato la legge e un giorno lo potrò dimostrare”. In conclusione dell’intervento, ha annunciato che deciderà il da farsi in tempi brevi nel rispetto dell’articolo 64. Per legge sono previsti 15 giorni entro i quali il presidente può decidere se ritirare le sue dimissioni o, al contrario, confermarle.

Capisco i ragionamenti di Catiuscia Marini, ma il suo comportamento ha dato l’idea di un giocare a dimettersi e, purtroppo, ha provocato un gran brutto vedere. Le motivazioni addotte potevano essere tranquillamente portate a sostegno della irrevocabilità delle dimissioni e di una dignitosa astensione dal voto su una questione personale. Si è aperto immediatamente un periodo transitorio durante il quale si è scatenata una inevitabile dietrologia, mentre l’interessata si ritirava a sfogliare la margherita del “mi dimetto o non mi dimetto”. Al di là di tutto mi è sembrato un passaggio poco dignitoso.

La pubblica opinione, lontana dalle disquisizioni di ordine politico, istituzionale e legale, aveva interpretato il gesto di Catiuscia Marini come un opportuno passo, non indietro, ma di lato. Improvvisamente si è creata una brutta confusione; sembravano prevalere gli opportunismi sulle opportunità. È vero che dalla situazione calda nei rapporti tra politica e giustizia, come sostiene Salvatore Merlo su Il foglio “ne viene fuori un intreccio intrigante e rivelatore proprio perché le motivazioni di ciascuno sono a fasi alternate: oggi garantista ieri giustizialista, oggi per il complotto e domani per la fiducia ai magistrati. Motivazioni militanti e interessate. Se la magistratura influenza la politica ne risente il principio della separazione dei poteri, ma la stessa cosa succede se la politica influenza la magistratura e se i giornali fanno la grancassa furbetta di questo cortocircuito”. Non c’era quindi bisogno di aggiungere questa suspense anche perché dopo due giorni è arrivato il colpo di scena con la conferma delle dimissioni. Quando c’è chi spinge brutalmente alla porta, bisogna avere la forza di spirito di spalancarla improvvisamente e allora tutti vanno a gambe all’aria. Catiuscia Marini ha perso questa possibilità e, quando ha spalancato la porta, tutti si erano spostati a gridare sotto le finestre.  Avevo per un attimo temuto che le sue dimissioni fossero a rendere, invece, fortunatamente, si sono rivelate a (non) perdere…la faccia.