Buon riso (non) fa buona politica

L’Ucraina è un Paese assai travagliato, sotto scacco della Russia che si è annessa la Crimea, in odore di Europa a cui è legata da un accordo di associazione, da molto tempo in gravi difficoltà nel mantenere la propria indipendenza economica e politica, oggetto di una nuova guerra fredda tra Russia e Usa, divorata internamente da una corruzione radicata, condizionata dalle oligarchie e bloccata da un basso tenore di vita.

La gente ha votato per il cambiamento eleggendo alla presidenza Vladimir Zelensky, un attore comico prestato alla politica a cui tutti stanno lanciando messaggi distensivi, dalla Ue, che ribadisce il proprio sostegno all’integrità, indipendenza e sovranità dell’Ucraina, alla Russia che a parole rispetta la scelta degli ucraini mettendo tuttavia in discussione il fatto che a tre milioni di cittadini ucraini che vivono in Russia sia stato negato il diritto di voto, a Donald Trump, che ha sottolineato l’incrollabile appoggio statunitense per la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina e l’impegno a lavorare insieme con Zelensky.

Ammetto di non conoscere la storia passata e recente di questo Stato e quindi non ho la capacità di analizzare le conseguenze di questo voto, che sembra finalizzato a voltare pagina. Penso che a molti sarà venuto spontaneo chiedersi come mai la popolazione dell’Ucraina abbia deciso di affidarsi ad un neofita della politica e soprattutto ad un attore comico, che ha interpretato in una fiction televisiva la parte del cittadino qualunque che diventa presidente per caso e poi lo diventa per davvero ottenendo un 73% di consensi. Si tratterà di un fenomeno mediatico o di una novità sostanziosa per la politica interna ed estera di questo Paese?

Riflettendo sulla incapacità della politica di esprimere una classe dirigente preparata ed esperta non ho potuto evitare di operare qualche collegamento con l’avventura politica del comico nostrano Beppe Grillo: anche lui ha ottenuto un grosso consenso seppure per interposto movimento puntando sulla lotta alla corruzione e sul cambiamento a tutti i livelli. Mi pare tuttavia che ci sia una bella differenza fra le condizioni dell’Ucraina e dell’Italia: resta il dato in comune dell’antipolitica impersonificata da un comico, del voto espresso come uno sberleffo verso l’establishment, della protesta consegnata a scatola chiusa a chi fa dell’inesperienza e dell’impreparazione una inestimabile virtù.

D’altra parte in un mondo messo nelle mani di un tycoon americano, di un despota russo, di un capitalista-comunista cinese, non c’è da stupirsi di niente. L’effetto domino si sta propagando nell’illusione di poter dribblare la politica, affidandosi al primo che passa per la strada, perché riesce a tenere alto il morale con le sue gag. E le idee, i valori, la storia? Ridiamoci e beviamoci sopra! Mio zio quando voleva giustificare le sue eccessive bevute, trovava spunto da quanto gli succedeva intorno per dire qualunquisticamente: «E mi ag bév sôra…». Mio padre non lo rimproverava e si limitava a rispondergli: «E mi ag bév frè…».