Le ombre leghiste del perbenismo

Mentre Matteo Salvini è rigorosamente schierato, a furor di garantismo, contro l’impeachment verso il sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Armando Siri, e in pregiudiziale difesa del sottosegretario Giorgetti, il suo autorevole e storico collega di partito Roberto Maroni è molto più cauto e chiede chiarezza e spiegazioni soprattutto a Gian Carlo Giorgetti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per una parallela vicenda piuttosto imbarazzante. Cosa sta succedendo in casa Lega?  Da una parte Siri è indagato per avere contrattato appoggi politici con Paolo Arata (esiste peraltro una certa confusione sulle intercettazioni telefoniche che chiamerebbero in causa Siri), il quale avrebbe scritto il programma sull’energia della Lega e che, secondo le inchieste in atto sarebbe il faccendiere di Vito Nicastri, imprenditore detto il “re dell’eolico” per il quale il p.m ha chiesto, in un processo davanti al Tribunale di Palermo, la condanna a 12 anni di reclusione per concorso in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Dall’altra parte Giorgetti avrebbe assunto a livello ministeriale il figlio di Paolo Arata. Armando Siri peraltro ha patteggiato nel 2014 una condanna per bancarotta fraudolenta e quindi ha un brutto precedente nella sua fedina penale.

Di fronte a questa vicenda piuttosto ingarbugliata e imbarazzante Salvini sta resistendo agli attacchi del M5S, che vorrebbe la testa, politicamente parlando, di Armando Siri. Sembrerebbe molto più delicata e compromettente la questione di Giorgetti che avrebbe ingaggiato il figlio di Arata, Federico: su questa vicenda i pentastellati sono molto cauti, forse perché non vogliono affondare i colpi più di tanto, mettendo a repentaglio la tenuta del governo con la chiamata in causa del secondo più autorevole esponente leghista. Roberto Maroni, che affronta queste problematiche con sorprendente distacco (sembra infatti parlare non del suo partito, ma di qualcosa d’altro), ritiene fondamentale chiarire il comportamento di Giorgetti, uomo di primissimo piano nella Lega e nel gabinetto Conte (di lui si parlò con una certa insistenza un anno fa durante le trattative per la formazione del governo, quale autorevole premier di compromesso politico). Al di là della complessa vertenza emerge quindi un dato importante: un esponente leghista di primo piano come Roberto Maroni, impegnato ad alto livello Istituzionale, sembra prendere sostanzialmente le distanze dal suo partito atteggiandosi a cauto osservatore degli sviluppi della situazione.

A Vittorio Veneto, città in cui è stato celebrato, con notevole e toccante enfasi, il 74 esimo anniversario della Liberazione con la partecipazione del Presidente della Repubblica, era schierato in prima fila ed è intervenuto prendendo la parola il presidente della regione Veneto Luca Zaia, uomo di punta della Lega in tacito ma aperto dissenso con Matteo Salvini, recalcitrante ministro nei confronti delle celebrazioni resistenziali. I giornalisti presenti si sono ben guardati dal chiedere conto a lui di questo atteggiamento in chiaro dissenso con quello assunto dal capo del suo partito: forse non volevano turbare il clima unitario o forse non volevano disturbatori “i” manovratori. In un’intervista rilasciata il giorno precedente a “Fanpage.it” Luca Zaia aveva dato delle motivazioni risibili al suo obiettivo distinguo, tentando di salvare capra e cavoli, senza riuscirci.

Resta quindi il dato di fatto di una seconda autorevole presa di distanza rispetto alla linea barricadiera di Salvini: sembra che i leghisti delle istituzioni periferiche regionali abbiano un concetto molto più morbido e riguardoso. E allora viene spontaneo chiedersi: qual è la Lega? Quella delle sbracate posizioni salviniane o quella dell’aplomb istituzionale dei Maroni e degli Zaia? E magari, quale delle due può ritenersi più attendibile? Potrebbe essere il solito giochino tattico del tenere i piedi in due paia di scarpe, ma potrebbe essere anche il sintomo di una certa qual confusione di linea politica. Della serie: fin che si scherza può andare bene, ma quando si fa sul serio…