Le fogne a stadio aperto

Come noto, “la madre degli imbecilli è sempre incinta” e quindi non deve stupire più di tanto che una sessantina di ultrà della Lazio abbiano esposto a Milano in piazzale Loreto uno striscione inneggiante al Duce proprio alla vigilia della celebrazione della liberazione dal nazifascismo. Culturalmente parlando si tratta di una delle solite provocazioni fatte alla propria ignoranza e stupidità; politicamente siamo in presenza di puzzolenti carogne alla ricerca di fogne purtroppo pronte ad ospitarle direttamente o indirettamente; dal punto di vista sociale sembrano il misero sfogatoio di indistinte e generiche pulsioni rancorose; sul piano psicologico emerge una smania di protagonismo all’insegna della paradossale ritualità antistorica. Niente di nuovo, anche se non bisognerebbe fare l’abitudine a tali deleteri fenomeni.

L’aspetto inquietante è invece quello dell’infausto gemellaggio tra il tifo calcistico e la nostalgia fascista. Se ne intravedono i motivi nella violenza adottata come schema nei rapporti con gli avversari-nemici, nel culto del predominio fisico sovrapposto alla competizione sportiva, nello sport adottato come metafora di guerra sociale in campo e sugli spalti, nel fanatismo che accomuna tutte le possibili occasioni di esibizionismo. Oserei dire che il fenomeno degli ultrà del calcio è l’anticamera ideale per dare sfogo ai peggiori istinti giovanili e farne sfoggio: violenza politica, odio razziale, rivalsa sociale, protesta globale.

Mentre mio padre adottava lo stadio quale pulpito per le sue disincantate lezioni di umanità, troppi soggetti considerano il calcio gridato come un virgulto socio-economico da coltivare. Mi riferisco alle società calcistiche, le quali, anziché puntare alla socializzazione dell’evento calcistico nel senso della valorizzazione a livello di spettacolo e tempo libero, rimangono al palo del tifo mero sostenitore della “guerra” nell’arena-stadio. Penso ai media che gonfiano a dismisura l’evento sportivo innescando le micce della violenza e dell’intolleranza, salvo piangere coccodrillescamente sul calcio perduto. Penso a tutto un sistema ad incastro in cui si collocano gli ultrà: sono diventati la stucchevole colonna sonora di un film vietato ai minori, dove giganteggiano i mercenari, i manager, gli sponsor, gli scommettitori clandestini, etc. etc.

D’altra parte la società ha il calcio e lo sport che merita: il fascismo aveva bisogno di una cassa di risonanza per il regime, oggi abbiamo bisogno di un fenomeno di evasione di massa debordante nelle peggiori manifestazioni di gratuita violenza. Quando vedo queste masse, prevalentemente giovanili, scortate dalla polizia, mentre urlano come bestie feroci avviate ai recinti loro destinati, mi prende una grande tristezza e la voglia di oscurare il più bel gioco del mondo dal momento che il mondo non lo merita.

Il presidente del municipio genovese del Levante, a margine delle disgustose manifestazioni di follia fascista offerte dai tifosi laziali, ha pubblicato un post inneggiante al Duce: «È grazie a Mussolini se gli italiani hanno la tredicesima, non grazie ai sindacati». Mi permetto di rispondere a tono: «È grazie alla democrazia e alla sua forse eccessiva tolleranza se certi personaggi possono ancora esprimere simili idiozie e pubblicarle». Così come ho iniziato queste brevi considerazioni così le termino precipitosamente: “la madre degli imbecilli è sempre incinta”. A volte nel bagno e nel lavandino si avverte un fastidioso odore di fogna: è importante eliminarlo prima che si diffonda per casa. Dovrebbero bastare l’aceto bianco del buonsenso e il bicarbonato di sodio della democrazia.