Gli opposti estremismi etici

In prossimità di un incrocio pericoloso, se non si vuol andare a sbattere e creare un’ecatombe, bisogna rallentare, se necessario fermarsi, dare la precedenza, guardare bene a destra e sinistra e poi ripartire a velocità moderata. Uso questa metafora introduttiva per tornare sul confuso, urlato e triviale confronto (?) inerente alle problematiche poco famigliari e molto vistose innescate dal congresso di Verona. Ho l’impressione che da questo consesso e da tutto il gran bailamme che ne è seguito escano tutti perdenti, in primis la famiglia.

Non si può infatti affrontare argomenti delicati con il garbo di un elefante in una cristalleria. Vale per i cosiddetti tradizionalisti di stampo religioso che ridefinirei “fanatici anti-religiosi”; vale per i combattenti per i diritti civili che diventano “pittoreschi anarchici del sesso”; vale per i difensori dell’istituzione familiare che si improvvisano “paladini del nulla”; vale per i politici carichi di contraddizioni personali alla spregiudicata caccia di consensi; vale per i media intenti a fomentare polemiche e ad incendiare un clima già anche troppo surriscaldato.

La provocazione è un’arma difficilissima da manovrare: distribuire dei mini-feti in plastica non induce a riflettere sul problema dell’aborto, ma lo retrocede a mera, inutile e grottesca colpevolizzazione generale. Non ho seguito il dibattito proprio perché ne ho rifiutato pregiudizialmente i toni: in certi casi la lontananza è doverosa ed è il miglior antidoto alla malattia della volgare superficialità. Se si potesse, occorrerebbe cancellare dalla storia presente questo sciagurato evento, invece purtroppo è diventato lo sfogatoio di tutti, una sorta di “parolaccia” etica in cui tutti si sono lasciati andare in un’assurda gara a chi la spara più grossa per non affrontare il problema.

Alla provocazione del vergognoso moralismo abbocca la multiforme galassia di movimenti e associazioni impegnati contro l’omofobia e la transfobia. Tutto ciò non serve ad affrontare seriamente i problemi: all’insopportabile oscurantismo cattolico risponde il comprensibile, anche se troppo ostentato, orgoglio della diversità, mentre in sottofondo rimane il resistente e silenzioso scetticismo omofobo che spesso esplode nelle intemperanze, violenze, persecuzioni, torture psicologiche.  Credo che da parte cattolica non ci sia proprio niente da difendere, ma al contrario ci sia da vergognarsi di annose discriminazioni ed emarginazioni: qualcuno, in mala fede, continua ad invocare il diritto ad esprimere le proprie idee ritenendolo compromesso da una legislazione sanzionatoria nei confronti dell’omofobia. Non capisco e, se capisco, vedo solo una retriva e stomachevole cattiveria moralistica con un pizzico di fascismo in più. La morale è un discorso serio, il moralismo ne è la perfida caricatura.  Credo sia meglio dialogare, ragionare, per aggiornarsi culturalmente, legiferare ed amministrare. Nel deserto del cattolicesimo bigotto, la fortezza reazionaria non merita di essere difesa, ma non è nemmeno il caso di imbastire facili e volgari trionfalismi laicisti e di lasciarsi andare ad insensate fughe in avanti.

Alcuni anni or sono, quando andavo a fare visita ad una mia carissima cugina, ricoverata all’ospedale maggiore di Parma in stato di coma vegetativo, mi capitava di imbattermi all’entrata in un gruppetto di donne che recitavano ostentatamente il rosario in riparazione dei peccati riconducibili all’aborto. Mi davano un senso di tristezza e di pochezza. Per non mancare loro di rispetto frenavo l’impulso di interrogarle provocatoriamente: «Ma voi cosa sareste disposte a fare per una donna sull’orlo dell’aborto? Avreste il coraggio di ospitarla in casa vostra? Avreste la generosità di sostenerla economicamente in modo continuativo? Avreste la forza di aiutarla umanamente ad una scelta così difficile rispettandone la sofferta decisione? Sareste disponibili a fare gratuitamente turni di assistenza a questa mia cugina, alleviando la pena di suo marito, costantemente presente al capezzale di una moglie inchiodata nel letto senza prospettive di ritorno ad un seppur minimo livello di funzioni vitali?». Diceva don Andrea Gallo (cito a senso): «Con una ragazza incinta, sola, magari una giovane prostituta, cerco di portare avanti il discorso del rispetto della vita, faccio tutto il possibile, ma se lei non se la sente, se non riesce ad accettare questa gravidanza, cosa devo fare?».

Abbiamo assistito ad una reciproca e contrapposta “obiezione di comodo”: niente a che fare con le coscienze. Sembrano tornati di moda gli opposti estremismi, trasferiti dalla politica all’etica. Alla fine della fiera restano sul campo macerie pseudo-ideologiche, contrapposizioni manichee, radicalismi da strapazzo, protagonismi di facciata: un autentico e vergognoso funerale della famiglia. Complimenti a chi ha organizzato il ripetitivo evento, a chi lo ha strumentalizzato, a chi lo ha ridicolizzato, a chi ne ha fatto l’occasione per passerelle anacronistiche e fuorvianti, a chi ha colto l’occasione per candidarsi a rappresentare se stesso, a chi ha gridato al lupo creando la ghiotta occasione per una lotta fra lupi. Mi viene spontaneo aggiungere una sola parola: basta!