Dell’ira mondiale non ci curiamo

Tutte i più autorevoli istituti internazionali con voce in capitolo sostengono che l’Italia sta vivendo una piatta e preoccupante crisi economica, senza prospettive di ripresa, complice la mancanza di guida governativa. A giudicare dalla reazione della nostra compagine ministeriale sembra che questi illustri personaggi stiano prendendo un granchio pazzesco: si va dall’indifferenza delle alzate di spalle ai rimbrotti per l’invadenza, dagli attacchi sclerotici alle pleonastiche rivendicazioni di autonomia. Vale la pena citare per tutte la reazione dimaiana all’impietosa ma attendibile analisi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico): “Tra il popolo italiano e l’Ocse scelgo il popolo italiano”. Se non è populismo questo…

I casi sono due: o ci sono sparsi per il mondo nemici del governo italiano, che mettono in giro notizie allarmistiche, dati fasulli, giudizi faziosi in modo da sputtanarne l’azione, oppure siamo i più intelligenti del mondo e ci lasciassero vivere in santa pace. “Dell’ira tua non mi curo” grida Turiddu a Santuzza in Cavalleria rusticana; la donna gli stava sbattendo in faccia la realtà e lui voleva negare l’evidenza; Santuzza gli augurò la “mala Pasqua” e sappiamo come andò a finire. Non intendo assimilare le scaramucce fra il governo Conte/Di Maio/ Salvini ed il resto del mondo ad un duello rusticano, ma i toni sono alti e soprattutto vi è la tendenza dei nostri ministri a svaccare le critiche che piovono da tutte le parti.

Se è vero che non si possono pretendere i miracoli da una compagine governativa in pista da nove o dieci mesi, è altrettanto vero che il buon giorno si vede dal mattino. Se è vero che molte responsabilità possono essere ricondotte ai predecessori, non si può giocare continuamente allo scaricabarile. Che stupisce e preoccupa è soprattutto il presuntuoso vuoto pneumatico spacciato per cambiamento epocale. L’oste ha il diritto/dovere di enfatizzare la qualità del proprio vino, ma il bevitore ha la necessità di assaggiare e scegliere senza bisogno di sbronzarsi.  È possibile che tutti dicano fesserie quando suonano l’allarme sull’andamento della nostra economia? È possibile che esista nei confronti del governo italiano una sorta di complotto cosmico? È possibile che l’Italia sia vittima sacrificale dei cosiddetti poteri forti disturbati dal nostrano pentaleghismo?

Certamente qualcuno dei detrattori avrà un po’ di puzza sotto il naso e sarà infastidito dai nuovi inquilini dei palazzi italiani, qualcuno esagererà per rendere meglio l’idea, qualcuno la vorrà far cadere dall’alto: lo ammetto, ma di fronte alle osservazioni critiche non si può sviare il discorso e buttarla in rissa programmatica.

Quando frequentavo la scuola elementare, mio padre, esaminando i miei quaderni, con malcelata soddisfazione, lamentava i giudizi un po’ troppo severi della maestra, frutto del suo vecchio stile di insegnamento e del suo atteggiamento piuttosto severo. Sorridendo si riprometteva di andare a colloquio con la maestra stessa ed ipotizzava simpaticamente di indirizzarle questa bonaria critica: “Sa, signora maestra che lei è un po’ stitica”. Non vi dico le risate di tutta la famiglia (mia madre, mia nonna paterna, mia sorella ben più grande di me) anche perché mio padre si premurava di aggiungere: “A t’ capirè se mi a m’ permetriss äd criticär ‘na méstra”. E giù a ricordare la sua maestra, di cui aveva scoperto la tomba e che lodava con le lacrime agli occhi.

Un bagno di umiltà di questo genere è consigliabile ai nostri attuali governanti: alla severità dei giudicanti non si risponde con le pernacchie dei giudicati. Ci si infila in una deriva che alla fine mette ancor più in cattiva luce i soggetti sul banco degli imputati, butta all’aria il castello difensivo (ammesso che esista), spazza via attenuanti e ravvedimenti. Non resterà che appellarsi alla clemenza della corte, mentre l’economia avrà magari già approntato il patibolo.