Come ti allestisco un pollaio

Il combattimento di galli è un’attività cruenta organizzata a fini di intrattenimento, che mette di fronte due galli allevati a tale scopo. In alcuni paesi è ancora popolare ed appassiona soprattutto gli scommettitori, che investono i propri soldi su uno dei due galli. Il combattimento ha termine quando le ferite riportate sono tali da lasciare tramortito il gallo perdente, che spesso muore dissanguato. Non è difficile indovinare a chi faccio riferimento con questa grottesca metafora.

C’è poi l’episodio preso dai Promessi sposi, in cui Renzo va ad esporre i propri guai all’avvocato Azzeccagarbugli portandogli in dono dei polli vivi. Nell’agitazione scuote il braccio con cui li regge, e i polli, disturbati, si prendono a beccate tra loro. Ogni riferimento a personaggi politici esistenti o a fatti politici realmente accaduti è puramente casuale. O causale? Non saprei!

Quando si litiga continuamente, i casi sono due: o si vogliono costruire i motivi per potersi separare affibbiando la colpa al partner oppure si fa finta di non andare d’accordo e si tende a logorare i rapporti per poi potersi riconciliare partendo da una posizione di forza. Faccio fatica a capire in quale dei due casi si trovino leghisti e pentastellati, apparentemente sempre più litigiosi, ma sostanzialmente costretti a convivere.

Mio padre diceva con molta gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón». Potrebbe verificarsi anche per Di Maio e Salvini, vittime della loro stessa verve polemica attizzata dall’eccessiva attenzione mediatica. Ogni giorno vi è puntualmente un capitolo informativo dedicato, oserei dire ormai riservato, agli scontri verbali tra questi due squallidi pavoncelli impegnati in una vera e propria rissa da pollaio.

Ultima, ma non ultima la vicenda del sottosegretario ai trasporti, Armando Siri, in quota Lega, indagato per corruzione per una tangente da 30.000 euro che avrebbe ricevuto  da un tal Arata, imprenditore impegnato nell’ambito delle energie rinnovabili, in particolare eolico, biometano e fotovoltaico, legato ad ambienti affaristici siciliani nel mirino di articolate indagini, il quale si sarebbe attivato presso Siri per ottenere una seria di modifiche regolamentari degli incentivi per il cosiddetto mini-eolico all’interno dei provvedimenti governativi. Da quanto riportato sui quotidiani appare piuttosto debole e cervellotico il legame emergente a livello di perquisizioni e sequestri di materiale vario. L’indagine farà il suo corso.

Luigi Di Maio parte in quarta forzando alquanto e in senso mafioso la vicenda e dando la prima beccata: «Sarebbe opportuno che il sottosegretario Siri si dimettesse. Gli auguro di risultare innocente e siamo pronti a riaccoglierlo nel governo quando la sua posizione sarà chiarita. Non so se Salvini sia d’accordo con questa mia linea intransigente, ma è mio dovere tutelare il governo e l’integrità delle istituzioni. Un sottosegretario indagato per fatti legati alla mafia è un fatto enorme. Non è più una questione tecnico giuridica ma morale e politica. Va bene rispettare i tre gradi di giudizio, ma qui la questione è morale. Ma se i fatti dovessero essere questi è chiaro che Siri dovrebbe dimettersi».

Il ministro dell’Interno dà la sua beccata e difende a spada tratta il sottosegretario appartenente al suo partito: «Ho sentito oggi Siri, non sapeva nulla. Lo conosco, lo stimo e non ho dubbio alcuno. Peraltro stiamo parlando di qualcosa che non è finito nemmeno nel Def. Confermo assolutamente la mia fiducia. Conosco Siri come persona pulita, integra e onesta. Lui, per quanto mi riguarda, può rimanere lì a fare il suo lavoro. Dico agli amici dei Cinquestelle: non si è dimessa la Raggi, che è stata sotto inchiesta per due anni. Due pesi e due misure, quando c’è di mezzo la vita delle persone, non mi piacciono».

Entrano in campo anche le pollastrelle e i pollastrelli. Il ministro della funzione pubblica, Giulia Bongiorno, interviene a supporto di Salvini: «Stupisce il giustizialismo a intermittenza con il quale vengono valutate le diverse vicende giudiziarie a seconda dell’appartenenza del soggetto indagato a uno schieramento politico». Il ministro Danilo Toninelli, titolare del dicastero in cui Siri è sottosegretario, per non sapere né leggere né scrivere, ha disposto il ritiro delle deleghe all’indagato, in attesa che la vicenda giudiziaria assuma contorni di maggiore chiarezza e sostenendo come un’inchiesta per corruzione imponga massima attenzione e cautela.

È chiaro che della moralità della politica non frega niente a nessuno: a Di Maio preme recuperare consenso sventolando la logora e logorroica bandiera dell’onestà e distinguendosi da un compagno di viaggio sempre più scomodo e invadente; a Salvini sta a cuore la prosecuzione di un trend a lui favorevole senza andare troppo per il sottile. I due galli hanno i loro scommettitori da accontentare e tutti i colpi vanno bene.  Non invidio Armando Siri di cui si stanno dividendo le vesti. In fondo ogni pollaio dà le risse che ha. Sulla base del vago aspetto pirandelliano della controversia, si potrebbe concludere: “Così è se vi pare”.