Il PD riammesso nel circo mediatico

Nei giorni scorsi mi è capitato occasionalmente di vedere un quiz televisivo durante il quale tre ragazzine non hanno saputo rispondere in merito al tipo di repubblica vigente nel nostro paese (la domanda poneva l’alternativa fra repubblica presidenziale e parlamentare). Mi sono scandalizzato e in cuor mio sono partite le solite contumelie verso i giovani che non hanno interesse alla politica, così come peraltro la politica ha scarsa attenzione verso di loro.

Ripensandoci con calma credo però che quelle giovani donne non avessero, seppur indirettamente ed involontariamente, tutti i torti. È bastata infatti la votazione delle elezioni primarie del partito democratico con la partecipazione di oltre un milione e mezzo di potenziali elettori di questo partito per scatenare un’improvvisa attenzione mediatica verso una formazione politica ritenuta moribonda e quindi snobbata da quasi tutti. Per conquistare la scena politica non servono proposte valide e persone qualificate, basta una bella adunata oceanica sbattuta sul palcoscenico mediatico: il PD è ritornato di moda. Un tempo si diceva (non so se Palmiro Togliatti e/o Enrico Cuccia) che i voti non si contano ma si pesano; oggi si può dire che i consensi, usando una bilancia truccata, non si conquistano con i fatti e nemmeno con le parole ma con la presenza sui media.

“L’Italia è una repubblica fondata sui media”: così potrebbe recitare l’articolo uno della Costituzione riveduta e scorrettissima. Il potere fondamentale a livello istituzionale di conseguenza non è più assegnato dai cittadini al Parlamento, ma dai media ai governanti più capaci di tenere banco in radio, televisione e social (i giornali sono ormai ridotti a superflue cianfrusaglie). Repubblica mediatica quindi a tutti gli effetti.

Dopo questo sfogo pseudo-sociologico, ritorno al partito democratico ed ai risultati delle sue elezioni primarie. È uscito largamente vincente Nicola Zingaretti in un clima di competizione corretta e leale, di ritrovata unità d’intenti, di rispolverato slancio identitario, di agognato protagonismo, di continuità storica e ideale. Se ne sentiva il bisogno in mezzo a tanto frastuono. Il problema sta però in quanto suddetto: per riconquistare la scena ci si deve piegare alle regole mediatiche. Il primo pezzetto di strada in salita è stato fatto, resta da scalare la montagna vera e propria: tornare alla politica, alle istituzioni, ai programmi, ad una leadership credibile e preparata, alla gente non per lisciarle il pelo ma per risvegliarne le coscienze e le menti.

È questo l’augurio che rivolgo al PD di Zingaretti!  Non sono molto interessato alle sottigliezze distintive tra i tre pretendenti alla segreteria (Zingaretti, Martina e Giachetti), non mi occupo delle intenzioni piò o meno separatiste di Matteo Renzi e dei suoi adepti, non auspico il ritorno a casa di chi se ne è voluto andare per il gusto di rompere il coro con assurdi richiami alla foresta, non sono alla ricerca di un partitone moderato e di centro, non rincorro un’anacronistica e stucchevole idea di sinistra fatta apposta per mettere in pace le coscienze dei benpensanti. Mi accontento che qualcuno torni a fare politica e mi aiuti a fare il cittadino. Buon lavoro.