La diarrea polemica in un assurdo gabinetto

La miglior difesa è l’attacco. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria sugli esiti dell’Ecofin del 12 febbraio scorso ha riferito in Commissione Finanze del Senato ed in questa sede ha accusato la Germania di avere ricattato il nostro governo imponendo all’Italia le norme sul bail-in, vale a dire regole che prevedono siano gli azionisti, gli obbligazionisti e i correntisti a pagare in caso di crisi di una banca. Queste norme sono state emanate con due decreti legislativi del 2015 entrati in vigore il 1° gennaio 2016. Se l’Italia non avesse accettato di introdurre queste scomode novità legislative, si sarebbe diffusa la notizia che il nostro sistema bancario era al fallimento. All’epoca ministro dell’Economia era Fabrizio Saccomanni componente del governo presieduto da Enrico Letta. A detta di Giovanni Tria, quasi tutti erano contrari all’introduzione delle novità, anche la Banca d’Italia che in modo discreto si oppose al bail-in.

Il presidente dell’Abi Patuelli ha definito la norma europea desueta e tale da essere abrogata, ma il ministro Tria, pur condividendo il fatto dell’abolizione, non prevede che questa possa avvenire in tempi brevi o che ci sia una convergenza tale da consentirla almeno in futuro. Altra benzina sul fuoco nei rapporti con i partner europei? Proprio nel giorno in cui Emanuel Macron e Angela Merkel si incontrano per rilanciare i loro patti funzionali al rilancio futuro dell’Europa in vista delle prossime elezioni, l’Italia apre, seppure rispondendo a domande in Parlamento, in modo più garbato e motivato del solito, un fronte di polemica con la Germania (parlare di ricatti non è certamente il modo migliore per dialogare a livello europeo).

È noto a tutti che in materia bancaria la Germania ha fatto clamorosamente i propri interessi mettendosi con le spalle al coperto con i soldi pubblici per poi rilanciare il rigorismo a corrente alternata verso i partner fra cui l’Italia. Quello che stupisce e innervosisce è la vocazione di questo governo ad esasperare i problemi anziché affrontarli in chiave dialogica e trattativista. Tutti i giorni emerge un nuovo contenzioso: forse sarebbe il caso di darci un taglio a prescindere dalle magagne e dai contenziosi con Francia e Germania. Il giorno in cui la Commissione europea ufficializza le sue gravi e motivate critiche alla manovra economico-finanziaria del governo Conte, il ministro Tria solleva una questione vecchia di almeno tre anni.

Non sono in grado di entrare nel merito della questione bail-in e non ho idea di quale reale portata abbia avuto e abbia tuttora sul sistema bancario italiano, sull’intera politica del credito e sugli andamenti economici del nostro paese. Ne faccio una questione di opportunità, strategia e tattica politiche. Per fortuna che il ministro Tria doveva svolgere la funzione di pompiere rispetto alle smanie euroscettiche del governo giallo-verde: un pompiere piuttosto anomalo, che usa più benzina che acqua. Se il ministro aveva consapevolezza dell’impossibilità di fare retromarcia su queste norme, se non vedeva e non vede una prospettiva agibile al riguardo, perché sollevare in modo tanto inopportuno un nuovo fronte di polemica.

A volte nei rapporti contrattuali difficili si butta sul piatto della bilancia tutto il contenzioso latente per poi trattare e trovare un compromesso globale. Non mi sembra che l’ipotesi si attagli ai rapporti dell’Italia con l’Europa: in questo caso bisogna partire dai punti ci collaborazione e condivisione per poi, dopo avere instaurato un clima positivo, aprire i dossier più scabrosi. Altrimenti finirà che anche con la Germania dovrà intervenire il presidente della Repubblica andando a far visita alla Merkel: un Capo dello Stato itinerante impegnato a coprire le “cacche” di un governo piuttosto diarroico.