Il portobrutto dei pappagalli pentaleghisti

Silvio Berlusconi, ostinatamente, meglio dire testardamente, legato ad un anticomunismo di maniera, che ogni tanto anacronisticamente spunta, non si rende forse conto di azzeccare un giudizio politico quando assimila i cinquestelle ai comunisti trinariciuti : ne avrebbero l’ancestrale vocazione all’appiattimento economico, la faziosa smania egualitaria, la masochistica arrendevolezza verso lo stile del centralismo democratico. Su un punto, sempre a detta di Berlusconi, si differenziano. I comunisti italiani sapevano preparare i loro dirigenti a livello di scuola di partito e mettendoli alla prova sul campo dell’impegno nelle istituzioni locali e nazionali; i grillini sono invece degli improvvisati e sprovveduti esponenti politici senza cultura, senza storia e senza esperienza (calza a pennello il discorso del loro impiego per la pulizia dei cessi di mediaset o fininvest come dir si voglia).

L’aspetto più grottesco della somiglianza fra comunisti vecchia maniera e grillini odierni emerge con evidenza allorquando si ascoltano i giudizi stereotipati e pappagalleschi degli esponenti del M5S sui diversi argomenti che l’attualità politica propone: parte il commento ufficiale del capo, quasi sempre Luigi Di Maio, seguono disciplinatamente e stucchevolmente i replicanti (Roberto Fico, presidente della Camera, che talora osa dare aria ai denti in controtendenza, rappresenta l’eccezione alla regola). Si intuisce l’esistenza sotto traccia di qualche malcontento e di qualche atteggiamento critico, ma non emerge nulla, anche perché sono pronte le purghe disciplinari per chi osasse ragionare con la propria testa.

Ho militato in passato in un partito, la Democrazia cristiana, che fra tanti difetti aveva il grande pregio di ammettere un serrato dibattito interno a livello centrale e periferico. Non si parlava di democrazia diretta, non esisteva consultazione on line, ma l’iscritto e l’esponente del partito potevano liberamente esprimere le proprie opinioni ed il proprio dissenso. Basti dire come la sezione di partito in cui ero iscritto, che si distingueva per una linea di apertura verso la sinistra e di condanna verso l’imperialismo americano, fosse ironicamente definita “sezione vietcong”. Non potrei mai e poi mai aderire al M5S, dove la differenza di opinioni si manifesta solo a mezza bocca o nelle pance più o meno brontolanti.

Berlusconi mette quindi il dito in una piaga purulenta, ma, come spesso accade, vede o finge di vedere la pagliuzza dell’avversario, trascurando la trave nell’occhio dell’alleato e/o nel proprio occhio. Anche la Lega infatti non scherza su questo piano: c’è in atto un processo di omologazione al pensiero salviniano, che trova un argine sempre più blando nei governatori leghisti e nei gruppi sociali di riferimento. Il leghismo da partito dell’indipendenza nordista e delle autonomie territoriali si sta trasformando in un pericoloso e reazionario movimento di opinione, in cui non c’è spazio per il dibattito ed il confronto interno, ma solo per la strumentalizzazione mediatica delle paure.

Forza Italia si è talmente ristretta da non potere più permettersi il lusso di essere un partito personale e di mera plastica: il guinzaglio si è notevolmente allentato, anche perché il padrone ha perso la forza e l’Italia, nel frattempo, è cambiata. I Brunetta ed i Tajani possono permettersi il lusso di esprimere le proprie opinioni, lasciamo perdere le Gelmini e le Bernini messe a bollire nel brodo insipido del più bieco mestiere politicante. Resta comunque una formazione politica di dubbio gusto liberal-democratico. In me ha sinceramente suscitato forte ilarità il recente richiamo berlusconiano agli ideali sturziani e degasperiani. Sì, perché mentre un tempo alle cazzate di Berlusconi reagivo con rabbia e disprezzo, oggi reagisco ridendo a crepapelle.  Siamo talmente caduti in basso da costringermi a rivalutare il cavaliere (è tutto dire!).

In conclusione la scena è dominata dall’assenza di un confronto vero tra i protagonisti e lasciata alle comparsate dei retroscenisti prezzolati e dei politologi ondivaghi. Forse M5S e Lega stanno esagerando con la loro mediaticità e con il loro leaderismo da strapazzo. Ai pappagalli pentaleghisti fanno riscontro i polli piddini, che si beccano davanti alla cucina elettorale pronta a cucinarli e divorarli.  Tutto sommato però trovo paradossalmente più dignitoso litigare continuamente e scriteriatamente piuttosto che ripetere gli insulsi slogan dimaiani e salviniani. Qualcuno forse comincia ad accorgersi del ruolo da burattino che M5S e Lega vogliono imporre ad eletti ed elettori. Solo Giuseppe Conte persiste ed insiste come se niente fudesse (fosse). Contento lui…