I buchi nelle ciambelle di salvataggio

Papa Francesco ha lanciato un pressante appello a favore dei 49 migranti a bordo di Sea Watch e Sea Eye, le navi delle ong, che da giorni attendono di sbarcare in qualche porto. Durante l’Angelus del giorno dell’Epifania il pontefice si è rivolto seccamente ai governanti dei Paesi dell’Europa: “Da parecchi giorni quarantanove persone salvate nel mare Mediterraneo sono a bordo di due navi di ong in cerca di un porto sicuro dove sbarcare. Rivolgo un accorato appello ai leader europei perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di queste persone”.

Tra le vergognose risposte di chi gioca a ping-pong sulla pelle di questi disgraziati o a scaricabarile fra gli Stati chiamati in causa, ho colto la più forbita dal punto di vista giuridico: un appunto alle ong le quali avrebbero soccorso un barcone che non era in pericolo di affondare e/o persone che non stavano affogando; una seconda critica per aver soccorso un’imbarcazione navigante in acque libiche e quindi per essersi intromesse in un mare non di loro competenza. Non ho ben capito da quale eccelso cervello siano state partorite queste sciocche, provocatorie e risibili argomentazioni.

Si deve aspettare ad intervenire quando ormai la situazione è in balia delle onde? Si deve stare a sottilizzare in quali acque ci si trova mentre diverse persone stanno rischiando la vita? Questo non è diritto internazionale, questa è follia marinara. Si dica chiaramente che non si vuole intervenire a costo di lasciar perire decine di naufraghi e si lasci perdere il diritto. Devo ammettere che almeno il ministro Salvini dice fino in fondo come la pensa: i suoi discorsi sono inaccettabili, ma chiari. Altri si nascondono dietro il dito dell’accoglienza a donne e bambini, separati dagli uomini lasciati a ballare in mare aperto. Altri scaricano le colpe su Malta: ma cosa si può pretendere da uno Stato largo come un cappello? Altri continuano col solito ritornello della spartizione dell’accoglienza, mentre i potenziali immigrati aspettano i comodi dei potenziali Paesi ospitanti, capaci solo di litigare fra di loro. Altri arriverebbero a concedere un’accoglienza limitata e contingentata, senza far sbarcare le navi nei porti italiani.

Siamo in presenza di una penosa, irritante, e delinquenziale diatriba che mette a repentaglio la vita di parecchi esseri umani. Fateli sbarcare, concedete una prima accoglienza e poi discutete fin che volete! Qualcuno sostiene che il papa faccia il suo mestiere, lasciando intendere che non dovrebbe impicciarsi e dovrebbe rassegnarsi alle decisioni dei governanti eletti dal popolo. Meno male che c’è qualcuno che fa il proprio mestiere, perché in troppi non lo stanno facendo affatto. L’unica parola adatta a sintetizzare e definire la vicenda è “vergogna”. Non capisco come certa gente possa andare a letto tranquillamente, postarsi e pavoneggiarsi sui social, sparare cazzate a raffica, ben sapendo che dalle sue decisioni dipende la salvezza o la morte di tanti esseri umani disgraziati e ridotti in condizioni penose: qualcuno in preda alla disperazione si è persino lanciato in mare. Meno male che papa Francesco tiene accesa una fiammella etica su cui peraltro molti soffiano a pieni polmoni per spegnere ogni e qualsiasi possibilità di incendio umanitario.

Non è possibile continuare con questo stillicidio razzista e populista. Bisogna cominciare a pensare veramente che non basta commuoversi, ma occorre muoversi, come dice don Luigi Ciotti. Non so se la strada sia la disobbedienza civile, la protesta di piazza, l’intromissione etica, la testimonianza religiosa, il coraggio di gridare allo scandalo. Durante il periodo fascista pochissimi furono i docenti universitari che si rifiutarono di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo: una quindicina su 1251 e persero la cattedra. Ricominciamo da capo: ribelliamoci, disposti a rimetterci di persona, sforzandoci di trovare spazi di accoglienza. Negli anni sessanta e settanta del secolo scorso si scendeva in piazza per molto meno. Oggi esistono i social, ma un sit-in sotto le finestre dei due pubblici amministratori di Trieste e Monfalcone, autori di gesti razzisti belli e buoni, non sarebbe da scartare. Mettere pressione a chi sta (s)governando il fenomeno migratorio. Certe leggi e certi regolamenti vanno violati, certi comportamenti governativi vanno duramente rifiutati e contestati se non addirittura calpestati. Non abbia timore la presidente del Senato Alberti Casellati: questa non è anarchia, è solo ribellione civile. Matteo Salvini dichiara che occorre mettersi il cuore in pace perché è lui a decidere. E lui si metta il cuore in pace perché ci sarà chi non gli ubbidisce.