Le volpi leghiste e i gatti piddini

Il Natale leghista, stando ai numeri di un recentissimo sondaggio, porterebbe consensi in crescita a livello generale (tra il 30% e il 40%), ma un netto calo, negli ultimi mesi, al nord-ovest (3% in meno) ed al nord-est del Paese (8%), da sempre culle del movimentismo separatista prima e sovranista ora. La diffusa imprenditoria di queste aree si starebbe stancando delle menate salviniane: il malcontento delle categorie economiche sarebbe dovuto alle risposte lacunose in materia di grandi opere (le incertezze sulla Tav) e alle misure contenute nel decreto “Dignità” (provvedimenti in materia fiscale e di lavoro), visto come il fumo negli occhi.

Mi sembra che i sondaggisti facciano un po’ la punta al lapis: la Lega naviga sulla cresta dell’onda ed è piuttosto pignolo farle le pulci al nord, quando sta sfondando dappertutto. Probabilmente nel settentrione le aspettative covavano da tanto tempo ed erano cresciute a dismisura e quindi un po’ di delusione è inevitabile. Tuttavia l’elettorato leghista del nord-Italia e piuttosto disincantato e non si lascerà impressionare dal Salvini pensiero e aspetterà al varco la nouvelle vague governativa. Mentre il consenso pentastellato raccoglie tutti gli scontenti dell’antipolitica, quello leghista si basa su precise aspettative in materia di immigrazione, ordine pubblico ed economia.

Voglio essere fin troppo pragmatico. Saluterei con soddisfazione il passaggio dell’adesione elettorale dalle motivazioni di una fantomatica maggior sicurezza alle aspettative dettate dagli interessi economici: sarebbe comunque un passo avanti, dalle chiacchiere al portafoglio. Se uno come il sottoscritto, incallito idealista a tutti i livelli, arriva a tanto minimalismo spicciolo, vuol proprio dire che stiamo messi molto male. Credo, sotto sotto, sia la speranza berlusconiana: ricatturare l’elettorato di centro-destra su un discorso di convenienza economica, abbandonando ai cinquestelle le sirene moraliste e pauperiste.

In effetti, così come l’anticomunismo viscerale faceva finta di basarsi sulla difesa della libertà per puntare in realtà alla intransigente difesa dei soldi nelle proprie tasche, il leghismo potrebbe nascondere dietro il paravento delle paure per immigrazione e delinquenza l’ansia per la difesa dei propri interessi economici. Matteo Salvini ha tolto ogni e qualsiasi legame ideologico (separatismo ed autonomismo) ai programmi del partito e lo ha farcito di demagogia sociale ed economica. Se sul sociale la demagogia può reggere anche a lungo, in materia economica le balle stanno in poco posto e i nodi vengono rapidamente al pettine. Sarà così? In effetti se così succederà, per la sinistra saranno tempi sempre più duri, in quanto verrà ulteriormente schiacciata fra lo pseudo-idealismo, cavalcato dal M5S e ridotto ad antipolitica e demagogia populista, e il subdolo pragmatismo del centro-destra, eventualmente ricompattato su basi liberiste spinte con venature di populismo riformatore. Per la sinistra urge conquistare spazi di manovra e segnare il proprio territorio. Come fanno i gatti. Lasciamo stare come lo fanno.