La ripresa è fuggita, moriamo disperati

Non c’è più speranza di migliorare: siamo passati dal miracolo all’incubo. Abbiamo paura degli immigrati: perché ci sottrarrebbero posti di lavoro e perché aumenterebbero il tasso di criminalità. Abbiamo timore di spendere: non spendiamo nemmeno quello che abbiamo a disposizione, non spendiamo in istruzione. I laureati calano e i giovani vanno alla ricerca della celebrità anche e soprattutto attraverso i social network. Gli occupati giovani calano, in particolare quelli laureati, aumentano i giovani sottoccupati e quelli con part-time involontario. Cresce lo squilibrio fra Nord e Sud. Quasi un terzo degli italiani non vota, scarsa la fiducia nell’Europa, solo i giovani apprezzano l’Unione, soprattutto per la libertà di viaggiare, studiare e lavorare ovunque all’interno dei Paesi membri.

Sono i dati piuttosto sconfortanti e preoccupanti emergenti dal 52° Rapporto Censis, che parla appunto di “sovranismo psichico” e delinea il ritratto di Paese in declino, in cerca di sicurezze che non trova, sempre più diviso tra un Sud che si spopola e un Centro-Nord che fa sempre più fatica a mantenere le promesse di lavoro, stabilità, crescita, soprattutto futuro. Un’Italia sempre più disgregata, impaurita, incattivita, impoverita e anagraficamente vecchia. Il direttore generale del Censis, Massimiliano Valerii afferma: “Gli italiani sono profondamente delusi. Una prima forte delusione è quella di aver visto sfiorire la ripresa che l’anno scorso e fino all’inizio di quest’anno era stata vigorosa, e che è invece svanita sotto i nostri occhi, con un Pil negativo nel terzo trimestre di quest’anno dopo 14 mesi di crescita consecutiva. L’altra delusione è che l’atteso cambiamento miracoloso promesso dalla politica non c’è stato, oltre la metà degli italiani afferma che non è vero che le cose siano cambiate sul serio. E adesso è scattata la caccia al capro espiatorio: dopo il rancore, è la cattiveria che diventa la leva cinica di un presunto riscatto”.

Il Censis è un autorevole istituto italiano di ricerca socio-economica fondato nel 1964: la descrizione che fa del Paese credo sia impietosamente attendibile, ma in buona parte inspiegabile. Solo in parte infatti risponde a quelli che io chiamo i misteri dell’economia: gli italiani non spendono mentre nei week end il traffico va in tilt per la gran quantità di gente che si sposta e non mi si verrà a raccontare che mangiano un panino con la mortadella seduti su una panchina e dormono su duri materassi di crine nelle foresterie di conventi e collegi. I giovani sono disoccupati, sottoccupati o precariamente e parzialmente occupati, ma i bar traboccano di giovani per gli “apericena” e le discoteche sono autentici formicai giovanili, dove si mangia, si beve (anche troppo), si fuma (non certo sigarini alla menta), se ne combinano di tutti i colori e al ritorno si sfida la morte sfrecciando su automobili di lusso. Un mio carissimo e simpatico amico sosteneva che chi non ha soldi da spendere o non vuole comunque spendere deve andarsene a letto presto, perché il solo mettere un piede fuori casa è premessa di spesa inevitabile. Quindi vorrei capire come il Censis riesca a combinare i suoi dati (l’incubo, lo scoraggiamento e la sfiducia di giovani e meno giovani) con la realtà effettiva ed indiscutibile di cui sopra. Ma lasciamo perdere: non voglio (s)cadere nelle solite lamentazioni da vecchio barbogio, dal sapore vagamente berlusconiano.

Probabilmente il rapporto del Censis risente della debolezza scientifica delle due discipline in cui è fortemente impegnato: l’economia e la sociologia. Come scritto più volte e senza voler offendere con la mia ignoranza la competenza altrui, nutro poca stima nei confronti di sociologi ed economisti. I sociologi, come detto anche da autorevoli ed altolocati critici, si dedicano, più o meno abilmente, alla elaborazione sistematica dell’ovvio, fanno una fotografia, più o meno nitida, della situazione. Gli economisti elaborano teorie, che si rivelano sempre e sistematicamente sbagliate: in parole povere non ci pigliano mai.

Mi incuriosisce in particolare quanto afferma il direttore generale del Censis. Gli italiani si aspettavano una tenuta della crescita faticosamente avviata negli ultimi tempi ed un cambiamento della politica e con ogni probabilità hanno votato in base a questi desideri, banalmente espressi soprattutto dalla promessa di un pensionamento più facile e di un sostegno per individui e famiglie viventi in povertà. Prima delle ultime elezioni i dati che esprimevano una certa ripresa economica erano snobbati come falsi e strumentali indicatori: erano le “balle” che raccontava Matteo Renzi. Ora sembra invece che la ripresa ci fosse e che grande sia la delusione per il suo svaporamento attuale e repentino. Quanto alla politica del cambiamento bisognava essere molto ingenui per credere che bastassero un ignorante alla Di Maio e un demagogo alla Salvini per innovare il modo di governare e capovolgere le situazioni.

Visto che queste attese si rivelano fasulle, gli elettori si starebbero incattivendo ulteriormente alla ricerca di un ipotetico quanto improbabile riscatto. E allora, come mai i sondaggi di opinione danno in sensibile crescita la Lega e in solo lieve calo il M5S? Dove sta la delusione? Solo nelle astensioni? Non mi pare emerga un’inversione di tendenza nei consensi e quindi evidentemente gli italiani continuano a credere che niente Europa, niente politica, niente studio, niente sacrifici siano ricette miracolose. Non so quale possa essere il Santo capace di aiutare gli italiani: tutto sommato, seppure sempre più rancorosi, cattivi ed inaciditi, continueranno ad accendere lumi e candele ai Santi pentaleghisti attualmente sugli altari. Tutto rinviato al prossimo rapporto Censis.