Il caos rovinoso del PD

Notizia del giorno: il grande freddo cala come una coltre di neve tra Marco Minniti e Matteo Renzi. Il primo intende candidarsi alla guida del Pd, il secondo sembrava orientato ad appoggiarlo, ma ultimamente snobba vistosamente il congresso, in ben altre faccende affaccendato. Robe che avevano poco senso quando i partiti erano all’apice della loro credibilità, immaginiamoci oggi in una contingenza politica che li vede come il fumo negli occhi.

Se “non” si vuole risolvere un problema si fa una commissione; è il caso di aggiungere malinconicamente che se “non” si vuole fare politica si fa un congresso. Siamo arrivati a questo punto. Devo nostalgicamente riandare con la mente al congresso democristiano a cui, giovanissimo componente degli organi di partito a livello provinciale (si badi bene non del movimento giovanile, ma del partito vero e proprio), partecipai, seppur come uditore, a Roma nel 1969. Un assise vera e palpitante, con scontri al limite delle seggiolate: Aldo Moro fece uno storico intervento, col quale divenne il leader della sinistra interna e durante il quale si scatenò un putiferio tale da far temere il peggio. Solo l’astuzia e l’abilità dei due cavalli di razza evitò una rissa clamorosa: Fanfani, che presiedeva il congresso, si scambiò alcune battute ironiche con Moro, il clima si stemperò e ritornò la calma, anche se le idee forti continuarono a caratterizzare lo scontro. Quelli sì che erano congressi…

Il partito democratico ha avviato in questi giorni la fase congressuale: emergono parecchie candidature alla segreteria e fin qui niente di scandaloso, anzi. Fra i tira e molla del “mi candido-non mi candido” si colloca il posizionamento strumentale dell’ex segretario Matteo Renzi: non si capisce se vuol partecipare al dibattito congressuale o se sta pensando a fare l’ennesimo partito della sinistra oppure una nuova ed anacronistica Democrazia Cristiana oppure un partito nuovo di zecca a sua immagine e somiglianza. La malattia del protagonismo a tutti i costi è entrata nel PD e non c’è calo di consensi che tenga: si rischia di impostare un congresso a prescindere dal Paese, andando alla spasmodica ricerca di un posto al sole in tempo di eclissi.

Il PD è nato dalla combinazione tra i valori della sinistra progressista cattolico-democratica e quelli dei post-comunisti riveduti e corretti: finalmente le due correnti politiche fondamentali del dopoguerra, imprigionate dalla guerra fredda, contrapposte sul campo dei principi della democrazia, condizionate dall’interruzione del percorso compromissorio che avrebbe dovuto portare alla terza fase ideata da Aldo Moro, trovavano una sintesi per arrivare a costituire il partito di centro sinistra nel contesto del bipartitismo nascente. Purtroppo il concepimento di questa nuova creatura politica era più frutto del sacrosanto tatticismo antiberlusconiano che non del lancio di una sinistra democratica e riformista capace di coniugare i valori storici, vale a dire libertà ed uguaglianza, sviluppo economico e giustizia sociale, capitalismo e riformismo, collocazione occidentale ed europeismo. Questa fusione, che molti hanno definito “a freddo”, non ha funzionato ed è rimasta impigliata nel groviglio fra un nuovismo pragmatico e choccante e un burocratismo conservatore, retrogrado e schematico. Dei valori di partenza si è perso il profumo e la spinta.

Si sente la mancanza di una forza politica che sappia interpretare in modo moderno il socialismo democratico e riformista. Almeno io sento questa mancanza. Mio padre si considerava ed in effetti era un socialista senza socialismo (almeno a livello nazionale) e lo si deduceva da come spesso sintetizzava la storia della sinistra in Italia, recriminando nostalgicamente sulla mancanza di un convinto ed autonomo movimento socialista, che avrebbe beneficamente influenzato e semplificato la vita politica del nostro paese. Siamo ancora lì, al palo. Nel frattempo contro il berlusconismo, bene o male, abbiamo fatto diga, ma adesso ci sono da fare i conti con una destra reazionaria ed estremista paradossalmente alleata con un movimento dell’antipolitica populista: una fusione a caldo da cui rischiamo di essere seriamente scottati.

In questo scenario preoccupante il Pd è nel caos, non un caos calmo, ma un casino pazzesco. Possibile che non si riesca a trovare la quadra per rilanciare un partito credibile di sinistra? Le schermaglie e le scaramucce congressuali non servono a nulla, i personalismi sono deleteri e fuorvianti. La smettano per favore di litigare sui tatticismi del niente (allearsi o meno col M5S) e comincino a confrontarsi seriamente sui contenuti e sulla strategia (i problemi visti in una speranza costruttiva della loro soluzione). La gente, pur confusa e imbarazzata, aspetta questo. Non faccio nomi di esponenti del PD, chiedo solo che riprendano a fare politica con la dovuta serietà. La gente capirà…