La scena del sonnambulismo

“Chi poteva in quel vegliardo tanto sangue immaginar?”, così il delirante canto di lady Macbeth durante la scena del sonnambulismo dell’opera verdiana: la pazzia la distrugge col tragico ricordo dell’assassinio del re Duncano, compiuto per la conquista del trono da parte della coppia infernale.

Valdis Dombrovskis, il vice-presidente della commissione europea che sta esaminando la manovra economica italiana e la sta bocciando con la seria minaccia dell’apertura di una procedura di infrazione dalle conseguenze facilmente prevedibili, ha spietatamente dichiarato: «Il rischio è che l’Italia proceda come un sonnambulo verso l’instabilità».  Non mi sono sentito affatto offeso, ma soltanto (sic!) interrogato e provocato: l’alto esponente dell’establishment europeo ha voluto scuoterci da una sorta di colpevole torpore che ci sta attanagliando.

Mi risulta che i contraccolpi dello scriteriato atteggiamento del governo italiano stiano già concretizzandosi a livello bancario: gli istituti di credito stanno reagendo all’impoverimento del loro portafoglio titoli detenuto a garanzia dei crediti concessi alla clientela, chiudendo drasticamente i cordoni della borsa o addirittura revocando, in tutto o in parte, gli affidamenti concessi, in proporzione alla svalutazione dei titoli di Stato a suo tempo comprati (lo spread non è un’invenzione per far paura a Salvini e Di Maio, è un inesorabile meccanismo mercatale che ci colpisce tutti). Vorrei chiedere a quanti hanno votato Lega o Cinquestelle se si sentirebbero di comprare titoli del debito pubblico italiano. Mio padre sosteneva che per scoprire le reali intenzioni della gente bisogna colpirla nel portafoglio. E allora è inutile fare i furbetti dell’euroscetticismo.

Mentre Matteo Salvini continua imperterrito ad insolentire le autorità comunitarie, mentre Luigi Di Maio vaneggia su una assurda resistenza allo strapotere dei mercati (siamo in un sistema capitalista e non sarà certo la presunzione grillina a rivederne i meccanismi), mentre il premier Conte rassicura stucchevolmente tutti sulla solidità dei conti italiani, giocando le sue carte alla tavola imbandita di Juncker, mentre il ministro Tria non sa più che pesci pigliare, mentre il ministro Savona butta la palla nella tribuna dei precedenti governi, gli italiani cominciano a soffrire sulla loro pelle il dramma di un’Italia figlia di nessuno alla ricerca di una fantomatica Europa diversa.

Ai partiti che sostengono e “ricattano” questo governo del cambiamento non interessa il bene degli italiani, ma il pieno di consensi da fare quanto prima, magari tornando in fretta e furia alle urne, prima o contemporaneamente alle elezioni europee, con la macabra spartizione del bottino fra nord e sud. Il tempo e l’Europa giocano contro di loro e quindi bisogna accelerare e passare all’incasso quanto prima.

Il presidente Sergio Mattarella, nella sua esemplare correttezza costituzionale, ha tollerato un matrimonio di interessi, anche se gli improvvisati sposi venivano da idee e programmi opposti. La mia speranza è che, vedendo andare in crisi questa unione di fatto, che ci sta effettivamente trascinando nel baratro, riesca ad annullarla o a bypassarla in qualche modo, istituzionalmente corretto, ma coraggiosamente spinto a farci uscire dal tunnel in cui ci siamo ficcati. Sono sicuro che anche Mario Draghi stia lavorando sotto traccia per quadrare il cerchio: vedo, con l’ottimismo della volontà e mettendo da parte il pessimismo dell’intelligenza, un asse di salvezza Mattarella-Draghi-Moscovici, che dovrebbe perbenisticamente “stritolare” l’andazzo dell’attuale compagine governativa. Come? Non lo so. Lasciatemi sognare Matteo Salvini che nel suo sonnambulismo canta: “Chi poteva in quel Dombrovskis tanta forza immaginar…”.