La cena delle beffe

Sarà vero che i dissidi matrimoniali si risolvono a letto (purtroppo invece si concludono con i femminicidi), che i contrasti negli affari si sanano intorno ad una tavola imbandita (purtroppo invece vanno ad intasare le aule giudiziarie), ma che la diatriba Italia Ue imbastita sulla manovra economica del governo possa svanire con la cena bruxellese di Juncker e Conti è veramente un’assurdità.

Può essere che i contendenti abbiano scherzato, poi, ad un certo punto, sia successo quanto mio padre diceva con molta gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón». Saremmo dentro un teatrone della politica avvilente e disarmante.

Preferisco pensare che cominci a prevalere il buon senso, quella merce rara che non si compra dal pizzicagnolo, ma che si può scoprire strada facendo. È presto per poterlo dire ed è sempre tardi per poterlo sperare. Lascia ancor più di stucco il fatto che basti un incontro gastronomico di vertice per tranquillizzare i mercati, abbassare lo spread, ridare tono alle contrattazioni finanziarie. Che i mercati siano dominati dalle speculazioni è cosa nota, ma che basti un boccone di Conte per stuzzicare l’appetito delle borse, mi sembra un po’ troppo. Saremmo dentro un teatrone dell’economia, roba da mettersi le mani nei capelli.

L’ipotesi più attendibile però è che la cena sia stata architettata per buttare fumo negli occhi a tutti, per guadagnare tempo, per stemperare il clima, per indurre tutti a più miti consigli: una sorta di avanspettacolo in attesa che, dietro le quinte, si preparino i veri protagonisti della vicenda. E chi sarebbero questi primi attori-salvatori ad occupare la scena vera e propria? Azzardo un pronostico: Sergio Mattarella che dà a tutti lezioni di diplomazia politica, Mario Draghi che dà a tutti dimostrazioni di buona gestione finanziaria. I giochi sono finiti, gli scherzi hanno fatto il loro tempo, i bidoni si sono svuotati. Arrivano i nostri e sistemano finalmente le cose. Magari fosse così. Sarò un illuso, ma ci spero. Non è vero, ma ci credo. Nei giorni scorsi il discusso ministro Paolo Savona ha fatto una sibillina affermazione: “Non si tratta di cambiare la manovra, ma di cambiare il governo”. Cambiarlo su due piedi, non sarà cosa facile, ma depotenziarlo potrebbe essere possibile, anche perché, diciamola tutta, il governo Conte si sta depotenziando per proprio conto dietro le stupidaggini di Salvini e Di Maio.

Il giorno stesso dell’illusionistico boom delle borse, che sembravano brindare al termine della famosa cena, Mario Draghi ha fatto una nitida fotografia della situazione economica dell’Eurozona: «La crescita ha perso slancio, ma parte del rallentamento può essere anche temporaneo. Allo stesso tempo, i rischi legati al protezionismo, alla vulnerabilità dei mercati emergenti e alla volatilità nei mercati finanziari restano prominenti». Come dire, andiamo al sodo, le balle stanno in poco posto, parliamo sul serio.

Sergio Mattarella, dal canto suo, intervenendo a Torino all’Arsenale della Pace, sede del servizio missionario giovanile, nell’ambito delle celebrazioni del centenario della Grande Guerra, ha fatto la nitida fotografia dell’Europa Unita: «Qualcuno la critica e può avere dei difetti, ma l’esperienza di integrazione europea è guardata con ammirazione in tante parti del mondo come modello cui ispirarsi. Si deve proseguire su questa strada, senza pensare al ritorno di nazionalismi che fanno tornare indietro di secoli la storia e i rapporti tra i popoli». Come dire, piantiamola di giocare e guardiamo avanti seriamente.

Non sono un esperto di finanza, non faccio l’operatore di borsa, anzi, senza voler essere scurrile, la mia borsa è strapiena delle sciocchezze, che giornalmente ascolto dai governanti italiani. Colgo con grande speranza e una certa fiducia le cose serie che finalmente qualcuno ci propina. Sono autentiche flebo di verità e serietà. E il mio personale spread cala vertiginosamente.