Il cavalier servente del centro-destra

La Corte europea dei diritti dell’Uomo ha chiuso senza una sentenza la vicenda del ricorso di Silvio Berlusconi contro l’applicazione della legge Severino, che lo obbligò a lasciare il suo seggio al Senato nel 2013 e gli impedì di candidarsi a elezioni, comprese quelle del 2018. Questo dopo la rinuncia al ricorso, decisa dal leader di Forza Italia visto l’iter molto lungo, 5 anni. Quindi è intervenuta la “cancellazione dal ruolo” del ricorso, come chiesto dai legali di Berlusconi. “Non c’era più necessità”, spiegano, visto che lui nel frattempo era “tornato nella pienezza dei propri diritti politici”. “Ha inteso assolutamente evitare tensioni nella già più che complessa vita del Paese”.

La notizia, anche se non è di quelle che meritano grande attenzione, induce tuttavia a qualche riflessione. Quando Berlusconi recupera buon senso, equilibrio, credibilità è proprio il momento in cui perde consenso: il cavaliere andava bene alla (sua) gente quando diceva e faceva sciocchezze a proprio uso e consumo, ora che parla meno e riesce finalmente a dire qualcosa di sensato è in caduta libera di consensi. Forse per conquistare la fiducia degli elettori bisogna prenderli in giro, come si dice, in chiave smaccatamente e pericolosamente maschilista, relativamente alle donne: “Per farle innamorare e conquistarle bisogna trattarle male”.

Tutti ricordiamo nel 2003 il clamoroso e, a dir poco, imbarazzante esordio berlusconiano, quale presidente del Consiglio europeo per il semestre italiano: un discorso al Parlamento europeo durante il quale invitò ironicamente l’allora capo-gruppo dei socialisti, il tedesco Martin Schulz, a farsi scritturare come “kapò” in un film sui nazisti. E le corna durante la foto di gruppo del vertice Ue? Un tipico gesto da asilo infantile, che voleva significare la totale mancanza di considerazione e rispetto per le istituzioni europee. E gli epiteti riservati alla cancelliera Merkel, definita una “culona intrombabile”, nonché la scortesia di lasciarla in attesa mentre telefonava convulsamente sul cellulare e tutte le altre gaffe, più o meno volute e studiate, per svaccare l’Europa e il mondo intero? Una sequenza di episodi che ci portò ad essere considerati gli zimbelli della politica internazionale. Non erano altro che le prefigurazioni dell’attuale, ancor più grave, impasse nei rapporti con gli esponenti europei: non c’è grande differenza tra il “kapò” affibbiato a Schulz da Berlusconi e “l’ubriacone” lasciato chiaramente intendere da Salvini nei confronti di Juncker.

Ora Berlusconi, forse solo per puro tatticismo, si erge a difensore dell’Unione europea assieme al suo pretoriano preferito, quell’impettito e rigonfio Antonio Tajani, che recita la stucchevole parte dell’europeista (non) convinto e soprattutto non convincente. Fatto sta che almeno non ci espone più a memorabili figuracce: per gli italiani, stando ai sondaggi di opinione, era meglio prima, ancor meglio l’attuale Salvini che gioca a sputtanarci in tutto il modo, strizzando l’occhio ai peggiori fichi del bigoncio mondiale. Durante l’ultima campagna elettorale e nel dopo elezioni il leader forzista non ha fatto altro che irridere ai grillini considerandoli dei perfetti ignoranti, dei pulitori di cessi per vocazione e competenza, delle mine vaganti per la democrazia. È diventato il più deciso sostenitore del presidente Mattarella, con cui addirittura si sforzava, senza successo, di improvvisare qualche siparietto durante le consultazioni per la formazione del governo.  Ma dire la verità non paga: era ben più stimato e considerato ai tristi tempi in cui raccontava balle a raffica come il più sfacciato dei venditori ambulanti.

Quando era sotto processo, un giorno sì e l’altro pure, per una sfilza di reati di ogni tipo, veniva considerato un furbacchione capace di fare i cazzi suoi; ora che ha fatto un gesto apprezzabile, anche se solo di pura convenienza, nei confronti della giustizia, viene considerato un vecchietto per cui è difficile trovare una collocazione: è rimasto con pochi ed opportunistici amici, saluta ancora con la manina anche se non si capisce chi saluta, perché in realtà è la gente che sta salutando lui per abbandonarlo ad una ben misera fine politica.

È vero che fino ad ora, ogniqualvolta lo si è dato politicamente per spacciato, ha ritrovato la verve per tornare a galla: credo sia difficile una risurrezione in extremis, anche se, tutto sommato e con questi chiari di luna, ci sarebbe quasi da augurarselo. Qualcuno pensa stia brigando in Parlamento per ribaltare gli equilibri con i salviniani, affondare il governo pentaleghista, ripresentarsi come padre nobile di un centro-destra riveduto e corretto in salsa europea ed in chiave moderata. Ad un quarto di secolo dalla sua prima discesa in campo, si candida non più a giocare in tutti i ruoli, ma a svolgere il ruolo di allenatore, sperando di catturare la simpatia dei tifosi, che però nel frattempo si sono fatti incantare da altri giocatori.  Personalmente non bazzico quegli stadi, ma un occhio da semplice cittadino-elettore glielo deve buttare.