Umana solidarietà e razzismo politico

Stiamo superando i limiti della decenza: la “menata” del comune di Lodi con tanto di tavola separata di serie b per i bambini stranieri, le cui famiglie sarebbero ree di non aver documentato i loro redditi in patria, lascia letteralmente sbigottiti. Mi chiedo come possa un sindaco, indipendentemente dai regolamenti varati in odore di discriminazione, negare ai bambini stranieri ospitati nel suo territorio il beneficio della mensa e relegarli su un tavolo a parte dove mangiare il cibo portato da casa.

Non è la follia xenofoba di un sindaco in vena di scherzare, ma è il frutto di una mentalità razzista, che sta prendendo piede in Italia. Non faccia il furbo Matteo Salvini, che, pur elogiando la sindaca lodigiana, ha ripiegato in extremis su questa dichiarazione: «Gli stranieri devono fornire documentazione del loro paese d’origine, dove magari hanno proprietà e disponibilità economiche, ma se non è possibile il Comune si fiderà della buonafede». Simili cazzate non si sentivano da tempo: abbiamo scoperto la “delocalizzazione patrimoniale” degli immigrati e la buonafede come parametro di comportamento civico di fronte agli obblighi di legge. Non ha avuto il coraggio di ammettere che la sua amica sindaca ha fatto una solenne “cagata” da tutti i punti di vista. Punto e a capo.

Vorrei intervistare gli italiani su questa vicenda, peraltro rientrata a furor di solidarietà, con l’ammissione dei bambini a tavola in attesa di verificare la legittimità del provvedimento comunale. C’è stata una risposta solidale ammirevole, ma il problema è purtroppo politico: si è introdotta nella mentalità corrente l’idea che gli immigrati abbiano diritti speciali e che rubino risorse ai “nostri” poveri. Discorsi pazzeschi! Probabilmente troverebbe puntuale riscontro a livello di sondaggio.

Non è la prima volta, e mi auguro non sia l’ultima, che il presidente della Camera, il pentastellato Roberto Fico si smarca dal piattume acritico filogovernativo, per ragionare con la propria testa (questa volta ad onor del vero non è rimasto isolato all’interno del suo movimento): «Nel momento in cui si fa una delibera che in modo conscio o in modo inconscio crei delle discriminazioni così importanti si deve solamente chiedere scusa. Dopo le scuse questi bambini potranno rientrare tranquillamente nella mensa».

Chiedere scusa è sempre un ottimo comportamento: vuol dire ammettere i propri errori per cercare di rimediare. Penso che anche Roberto Fico debba chiedere parecchie scuse: quella di far parte di un movimento che non si capisce cosa voglia fare e che non è capace di fare quel che sembra dire; quella di aver formato un governo degli equivoci, che sta portando il paese fuori dalla politica per immetterlo nella demagogia; quella di fare “la foglia di Fico” per coprire le vergogne pentastellate. Non si può infatti continuare a chiedere scusa: ai migranti “imprigionati” su una nave che non li può sbarcare; ai bambini che non possono mangiare il cibo italiano; agli italiani che continuano testardamente a stare dalla parte della Costituzione; al presidente Mattarella che non tollera giustamente i “depositi di intolleranza”. Le scuse si possono accettare, ma anche respingere come fa Salvini verso la Francia. Soprattutto le scuse non devono diventare un paravento dietro cui continuare a fare cazzate.