La forza dello Stato di diritto

Ho avuto recentemente e ripetutamente bisogno di fare ricorso alle forze dell’ordine e ne ho potuto riscontrare la disponibilità, l’impegno e la professionalità. Da questi reiterati episodi sono uscito rinfrancato come cittadino: c’è qualcuno che veglia su di noi ed è pronto ad intervenire a nostra difesa. Sono convinto che non occorrano leggi speciali o interventi particolari per garantire la sicurezza dei cittadini: basta che chi è a ciò deputato sappia fare il suo mestiere e lo faccia con serietà e convinzione. Non è quindi il caso di fomentare paure e strumentalizzare il senso di insicurezza, promettendo i miracoli e/o dando alla gente l’illusione di poter autodifendersi efficacemente con il varo di provvedimenti azzardati e invasivi.

Purtroppo però sono emersi e continuano ad emergere fatti che mettono seri dubbi sulla correttezza del comportamento delle forze di polizia; la vicenda Cucchi, con gli ultimi sviluppi, a dimostrazione di abusi di potere, interventi violenti, coperture, depistaggi, etc.; la condanna di uno dei due carabinieri accusati di aver violentato due studentesse Usa, a Firenze, nel settembre 2017, dopo averle riaccompagnate  a casa con l’auto di servizio (l’altro carabiniere, che non ha scelto il rito abbreviato, è stato rinviato a giudizio).

Lungi da me generalizzare i giudizi e squalificare tutti sulla base di alcuni bruttissimi episodi. Tuttavia bisogna riflettere seriamente e lavorare alacremente al fine di ricondurre alla legalità chi deve far rispettare la legge. Le mele marce vanno tolte immediatamente dal cesto e bisogna controllare continuamente che non ne spuntino altre. Capisco il logorio a cui sono sottoposti i tutori dell’ordine, la loro scarsa dotazione di mezzi, i loro turni di lavoro pesanti, la loro scarsa remunerazione, l’isolamento e l’ostilità in cui operano, i rischi enormi che corrono. Tutto ciò non giustifica comunque il lasciarsi andare a violenza e prepotenza verso chicchessia, soprattutto verso persone, che dovrebbero essere difese e che si vedono aggredite dai loro potenziali difensori. Non c’è esperienza peggiore del trovarsi scoperti proprio sul fronte della propria difesa.

Sul piano politico è necessario interrompere drasticamente la deriva criminalizzante verso intere categorie di persone, che finisce col promuovere atteggiamenti giustizialisti nella gente e nelle forze dell’ordine. Occorre ricostruire fiducia nelle istituzioni e verso chi le rappresenta e difende. La repressione della criminalità non deve reprimere i diritti fondamentali delle persone in una sorta di far west in cui non regna l’ordine, ma il disordine. Sono discorsi che rischiano di essere considerati anacronistici, ma non bisogna arrendersi.

Ricordo quando nelle sezioni della democrazia cristiana, negli anni sessanta del secolo scorso, si aveva il coraggio di discutere del disarmo della polizia nei conflitti di lavoro. La maggioranza degli iscritti reagiva con violenza verbale, auspicando i cannoni per la polizia e tutto finiva lì. Oggi è ancor peggio: la mentalità del combattere la violenza criminale con una sorta di violenza di Stato è fortissima. Dobbiamo cambiare registro: lo dobbiamo anche e soprattutto a chi nelle forze di polizia si comporta in modo esemplare e che non ci chiede di fare casino (ce n’è già anche troppo), ma di affrontare problemi e situazioni in modo serio e costruttivo.