Tutti prostituti nel casino siriano

Un po’ per uscire dalle penose strettoie della politica italiana, un po’ per mettermi a posto la coscienza in senso pacifista, un po’ per affogarmi nel mare grande della guerra mondiale, ho buttato un occhio alla Siria laddove si profila un ulteriore incrudimento dello scontro militare con la conseguenza di un ulteriore dramma umanitario.

Non è facile riuscire a capire qualcosa nel ginepraio siriano: le forze in campo sono molte, le alleanze complesse e variabili, gli attori impegnati in un “tutti contro tutti” pazzesco. Abbiamo innanzitutto l’esercito del macellaio-presidente siriano Bashar Al Assad, testardamente impegnato a difesa di un regime che si regge sulla propria debolezza, strumentalmente cavalcata dai potenti di turno: Russia, Iran e Turchia che si battono contro i ribelli del regime. A questi tre Paesi, per diversi motivi, fa gioco il regime fantoccio di Assad: la Russia vuole tenere a tutti i costi un piede in questo teatro; l’Iran vuole prevenire e contrastare le mire espansioniste del nemico israeliano; la Turchia ha l’ossessione per i separatisti Curdi a loro volta facenti parte della coalizione curdo araba sostenuta da una coalizione internazionale guidata dagli Usa. C’è poi il fronte “terroristico” con le forze jihadiste costituite dall’Isis, (lo Stato Islamico) e il gruppo Hayat Tahir al-Cham, contro cui combattono disperatamente insieme tutti gli altri.

In cotanta confusione politico-militare la ricca ed autoreferenziale Europa che fa? Sta più o meno debolmente a guardare, anche se sarà la prima destinataria del dramma di centinaia di migliaia di vittime e di milioni di rifugiati, di fronte ai quali i vari Salvini non potranno certo salvare nessuno. Preferisce preoccuparsi dell’ora legale, non riuscendo peraltro a trovare la quadra nemmeno su questo marginale problemuccio. Non so se, come sostiene Massimo Cacciari, per rilanciare l’Europa occorra costituire un fronte progressista a livello continentale: mi sembra francamente uno schema piuttosto datato e velleitario. Vedo – e in questo come in parecchie altre questioni hanno ragione i radicali eredi di Marco Pannella – necessario   un rilancio a livello culturale, sociale e politico del federalismo: solo un’Europa federale può essere protagonista all’interno e all’estero.

Torno un attimo sul conflitto siriano. Non ci si capisce niente al di là della volontà di tutti di fare “i cazzi propri” sulla pelle dei siriani. Ci sono vari tipi di protagonismo dietro i due fantocci in campo: Assad e lo Stato islamico. C’è il protagonismo lucido e freddo della Russia putiniana, che mi ispira paradossale analogia-nostalgia per il gigante Urss. Esiste il protagonismo trumpiano mordi e fuggi, quello del colpo al cerchio e del colpo alla botte. Esiste anche il protagonismo silente ma pesante di Israele. Abbiamo il protagonismo dei comprimari: quello aggressivo e progressivo degli iraniani; quello schizofrenico e fuorviante dei turchi. Poi arriviamo al protagonismo del “non protagonismo”, quello europeo con la Francia che non rinuncia mai alla sua visione nazionalistica, con l’Inghilterra che scappa ma trova sempre il modo per darla su militarmente agli Usa, con la Germania che pensa solo ai conti ed ai bilanci e strizza l’occhio agli interlocutori di turno, con l’Italia che un tempo aveva dignità e ruolo e che oggi sta rinunciando all’una e all’altro.

Chiudo con una inevitabile puntatina polemica a livello italiano: non illudiamoci di risolvere i problemi guardandoci l’ombelico. A proposito di ombelico ricordo una simpatica battuta di un mio zio. Eravamo in spiaggia e stavamo sciorinando le solite futili chiacchiere estive. Tutto ad un tratto se ne uscì con questa constatazione: «Non so se ci avete fatto caso, ma l’ombelico ce l’hanno tutti…». Sì, ma il nostro, dopo la cura giallo-verde, è il miglior ombelico d’Europa e del modo. Continuiamo a guardarcelo! Anche perché stiamo riuscendo a ripristinare il cordone ombelicale con i peggiori “ismi” della storia.