«Non lasciamoci rubare il cuore. Come cristiani stiamo dimenticando le parole essenziali del Vangelo, da “beati i poveri, i miti, i misericordiosi”, fino ad “avevo fame, avevo sete e mi avete accolto”. Oggi vengono dette parole che non solo non appartengono alla verità cristiana, bensì la tradiscono; va detto chiaramente a chi addirittura invoca il Vangelo per dire che bisogna chiudere i porti e lasciare mamme e bambini in mezzo al mare. (…) Palermo è una città dove al porto si vedono sbarcare dalle navi i cadaveri di mamme e bambini morti in mare. Sono indignato, a maggior ragione verso chi in nome delle radici cristiane e del Vangelo vuole chiudere i porti. Non ha il minimo sentore della logica evangelica».
Sono affermazioni contenute in una lunga intervista al vescovo di Palermo, Corrado Lorefice, pubblicata da Jesus, il mensile dei Paolini. Vanno al cuore del problema della falsa confessionalità e della autentica laicità della politica. Non basta infatti sbandierare strumentalmente il Vangelo ai comizi elettorali, fare battaglie per mantenere il crocifisso nei luoghi pubblici, difendere nominalmente l’identità cristiana per poi tradire sostanzialmente il dettato evangelico con ciniche politiche di mero respingimento dei bisognosi. Se è vero, come è vero, che lo Stato italiano non è la Caritas, è altrettanto vero che i principi evangelici non sono un optional per i politici che si dicono cristiani. Tra l’accogliere tutti indiscriminatamente e chiudere i porti abbandonando carichi umani in mezzo al mare c’è una certa distanza: è lo spazio della politica in materia di immigrazione.
Purtroppo la risposta del governo italiano a questa esigenza consiste in un’indegna gazzarra scatenata a livello nazionale ed europeo: si abbaia alla luna con polemiche continue. Il problema è difficile e andrebbe affrontato con grande senso di responsabilità, senza creare inutili tensioni e senza sollevare polveroni. Il fenomeno dell’immigrazione non lo ferma e non lo risolve Matteo Salvini con le sue assurde e inconcludenti sparate: mettiamocelo bene in testa. Al vertice di Vienna tra il ministro Salvini e il collega lussemburghese Asselborn c’è stata tensione. Nel botta e risposta tra i due, Salvini ha detto: «Siamo al governo per aiutare i nostri giovani a fare figli, non per rimpiazzare con giovani africani quelli europei». Asselborn lo ha interrotto e ha ricordato le migliaia di italiani emigrati in Lussemburgo per lavorare e poter dare da mangiare ai loro figli. Il battibecco è sfociato in una triviale, ma meritata, esclamazione di Asselborn all’indirizzo del ministro italiano.
Resto sinceramente sconcertato di fronte a questi episodi, non riesco ad abituarmi. Ecco perché mi rifugio nelle parole di un uomo di Chiesa, il vescovo di Palermo. Quando ci si accorge che la situazione rischia di precipitare, bisogna ancorarsi a qualcosa di solido, altrimenti… Oltre tutto in questi giorni Palermo, alla presenza di papa Francesco, ricorda e rende omaggio al martirio di padre Pino Puglisi, il prete che rubava i ragazzi a cosa nostra. «Ma tu fatti il parrino, pensa alle messe, lasciali stare il territorio, il campo, la Chiesa, lo vedete cosa voleva fare? Tutte cose voleva fare iddu nel territorio…tutto voleva fare iddu, cose che non ci credete»: sono le parole di Totò Riina, intercettato in carcere, che spiegano perché Pino Puglisi sia stato assassinato dalla mafia, dal killer Salvatore Grigoli, insieme a Gaspare Spatuzza. I sicari raccontano le ultime parole di don Pino prima di essere ucciso: «Ci sorrise e disse: “me lo aspettavo”. E cosa c’entra tutto ciò con il problema degli immigrati? C’entra eccome! Sono convinto che padre Puglisi sarebbe d’accordo con me. Non lasciamoci rubare il cuore!