L’idillio intestinale

Sono rimasto sinceramente sconvolto dai dati del sondaggio Pagnoncelli sul caso Diciotti: “Quanto condivide la scelta del ministro Salvini di mantenere la linea della fermezza impedendo gli sbarchi dei migranti soccorsi in mare?”. A questa domanda, peraltro posta in termini chiari, il 61% degli italiani si è detto d’accordo con la linea dura in materia di immigrazione. Solo un quarto degli intervistati è critico. Il consenso è altissimo tra gli elettori leghisti (86%), ma è elevatissimo anche tra i pentastellati (74%) e in Forza Italia e Fdi (72%). Persino un quarto degli elettori Pd è d’accordo. Anche tra i cattolici il sostegno a Salvini rimane prevalente.

Il governo legastellato ha un notevole consenso, che arriva proprio sull’onda dell’opzione dura sul discorso immigrazione. Non sono sorpreso, anche se pensavo che la gestione demenziale del carico umano della nave Diciotti avesse un poco aperto gli occhi agli italiani. Niente! C’è di che riflettere. Come ho già avuto modo di scrivere, la paura fa novanta, ma non so se tutto possa essere spiegato con la paura dell’intruso, che viene a sconvolgere ulteriormente la nostra situazione già difficile. Temo ci sia qualcosa di ben più profondo: una chiusura mentale e culturale frenante e condizionante.

Per tanto tempo si è ignorato il problema che covava sotto la cenere, poi da quando è scoppiato si tende a (non) affrontarlo inseguendo ricette facili e impossibili: stiano a casa loro, da noi non c’è trippa per i gatti, rispediamoli indietro, stanno incasinando la nostra società, di ladri e stupratori ne abbiamo già a sufficienza. Su questi luoghi comuni si è costruito un consenso fortissimo, che la Lega sta accumulando e interpretando al meglio (i sondaggi la danno in rapida e forte crescita) e il M5S sta mantenendo a fatica (i sondaggi lo danno in calo, ma soprattutto in seconda posizione rispetto allo scomodo alleato di governo).

Non so se effettivamente questo prevalente comune sentire possa essere il presupposto socio-culturale per la subdola instaurazione di un vero e proprio regime populista e sovranista. Ci sono inquietanti analogie con la preparazione del regime fascista, ma esistono anche grosse diversità storiche e politiche rispetto a quell’epoca. Non sottovaluterei comunque il rischio dello scivolamento verso un sistema chiuso ed egoistico. La principale differenza con il clima sociale preparatorio dell’avvento del fascismo sta nel fatto che, mentre allora, un secolo fa, gli equilibri economico-capitalisti erano compatibili con una svolta autoritaria e nazionalista, oggi, complice la globalizzazione, una svolta populista e sovranista rischia di buttarci fuori dai mercati e dall’Europa, a meno che questo indirizzo politico non si generalizzi molto di più di quanto stia succedendo oggi.

Certo, sperare che il potere economico possa difenderci dalla deriva reazionaria e populista è alquanto paradossale e forse anche illusorio. D’altra parte oltre all’Europa, pur confusa e contraddittoria, che ci ritroviamo, oltre ai mercati che esigono stabilità e rigore, oltre alla Chiesa di papa Francesco, che viene applaudito da tutti ma condiviso sostanzialmente da pochi, non saprei a quale santo votarmi. Forse, come sosteneva diverso tempo fa Massimo Cacciari, bisogna rifondare la società e la politica partendo dal basso, dai quartieri e dai gruppi. Arriveremo in tempo?