Le purghe alla burocrazia

Mio padre sosteneva che spesso le cose vanno bene (o sembrano andare bene) indipendentemente dalla tua volontà e lo esprimeva con una espressione dialettale simpatica e colorita: «Quand la va bén, a fa al lat anca il galén’ni…».  Sembra essere la sorte che tocca agli attuali governanti italiani: qualsiasi cazzata dicano o facciano va benissimo e porta a loro applauso e consenso o, nella peggiore delle ipotesi, rimozione e disattenzione. In psicologia esiste “la sindrome rancorosa del beneficiato”, vale a dire la paradossale tendenza a colpevolizzare chi ti fa del bene; per il governo pentaleghista o legastellato si è instaurata la sindrome benevola del fregato, vale a dire l’inconscia tendenza ad accettare anche le più clamorose sciocchezze da chi riesce a turlupinarti per bene.

Rocco Casalino, portavoce del premier Conte, in un audio privato via WhatsApp inviato a due giornalisti dice fuori dai denti che al ministero dell’economia e delle finanze c’è chi rema contro il governo e non “sgancia i soldi” per il reddito di cittadinanza e che se non si troveranno i fondi necessari a questo provvedimento partirà una “megavendetta” contro i dirigenti del Mef accusati di fare ostruzionismo. Il premier gli conferma tutta la sua incondizionata fiducia nascondendosi dietro un forzato concetto di privacy, il movimento cinque stelle, a cui Casalino aderisce, lo difende inquadrando le sue dichiarazioni nella nota filippica contro i mandarini di stato, contro i burocrati acerrimi nemici del cambiamento. L’opposizione ha scatenato la polemica, la gente forse non ha capito o forse ridacchia sotto i baffi.

È vero che “tutti i matti hanno la loro virtù” e infatti le folli dichiarazioni casaliniane contengono un pezzo di verità. Che la burocrazia tenda a mantenere lo status quo ad essa comodo e conveniente è cosa stranota. Che i ministeri siano spadroneggiati da funzionari che fanno il bello e cattivo tempo è altrettanto scontato. Che la politica faccia fatica a farsi sentire nel silenzio sepolcrale delle stanze ministeriali è assai comprensibile. Ricordo quante volte, durante la mia vita professionale, sono incappato in circolari ministeriali che stravolgevano il senso di provvedimenti legislativi in materia fiscale, tendendo a sminuirne la portata innovativa o addirittura a cambiare le carte in tavola con diabolica abilità tecnica. Dicevo, assieme ai colleghi: osserviamo la legge, i funzionari ministeriali vengono dopo…

Rocco Casalino ha quindi detto cose metodologicamente e istituzionalmente folli, ma sostanzialmente ha detto qualche verità impronunciabile. L’attuale governo non può però ipotizzare una sorta di subdolo e rancoroso spoils system generalizzato, secondo il quale gli alti dirigenti della pubblica amministrazione dovrebbero cambiare col cambiare del governo. Non è possibile e nemmeno auspicabile, certo più il governo è costituito da politici incompetenti, inesperti, vanesi e demagogici, più gli alti burocrati hanno buon gioco a far valere le loro ragioni, la loro esperienza e la loro preparazione tecnica. Se poi i politici vogliono addirittura forzare la mano e spremere fondi pubblici dalle rape del bilancio dello Stato, i rapporti si complicano ulteriormente. I burocrati non sono stinchi di santo, ma nemmeno si può pretendere che siano prestigiatori dei conti pubblici per compiacere la politica delle promesse facili.

Una cosa si è capita molto bene: se il governo non riuscirà a cavare un ragno politico dai buchi di bilancio, sarà tutta colpa dei disfattisti ministeriali che vogliono proseguire il tran-tran di regime. La giustificazione è pronta, ma è anche in larghissima parte fasulla: come quegli alunni che se la fanno firmare preventivamente dagli ingenui genitori per poi usarla a sproposito. Di ingenui genitori del governo Conte (forse lui stesso per primo) ce ne sono troppi!