La paura vince e la ragion non basta

“Nessun cittadino è al di sopra della legge, neppure i politici o chi svolge pubbliche funzioni”. Così il Presidente Mattarella alla cerimonia per il centenario della nascita di Scalfaro, che fu “devoto alla Costituzione, ma non escluse mai di riformarla”. “I poteri dello Stato non siano rivali e contrapposti, ma collaborino per l’interesse generale”, dice Mattarella. I nostri giudici “non sono elettivi, traggono legittimazione dal ruolo affidato loro dalla Costituzione. Non devono seguire gli orientamenti elettorali”.  Poche parole che sistemano e sopiscono, tra le altre cose, la polemica fra il ministro degli Interni Matteo Salvini e i magistrati rei di intromettersi tra il popolo e gli eletti dal popolo (vedi avviso di garanzia per la vicenda della nave Diciotti e, ad abundantiam, vedi anche il sequestro dei fondi della Lega) ed a cui è francamente difficile controbattere.

“Il Presidente Mattarella oggi ha ricordato che ‘nessuno è al di sopra della legge’. Ha ragione. Per questo io, rispettando la legge, la Costituzione e l’impegno preso con gli Italiani, ho chiuso e chiuderò i porti a scafisti e trafficanti di esseri umani. Indagatemi e processatemi, io vado avanti!”. Lo scrive Matteo Salvini sul suo profilo Facebook. Difficile controbattere a Mattarella? Per tutti, non per Salvini, che sta tirando tutte le corde possibili e immaginabili per accreditarsi come l’uomo nuovo contro tutti. Gli mancava il fronte della presidenza della Repubblica e non se lo è lasciato sfuggire.

In questa fase storica purtroppo il dibattito (?) è lontano mille miglia dai discorsi costituzionali, istituzionali, internazionali e politici: predominano la paura, l’insicurezza, l’incertezza, a volte anche giustificate, che trasferiscono il discorso dalla sfera della razionalità a quella dell’emotività. Voglio parafrasare la frase di Anonimo: “quando la paura con la ragion contrasta, la paura vince e la ragion non basta”.  Paura di cosa? Il laboratorio di Analisi Politiche e Sociali dell’Università di Siena fa il ritratto di una società impaurita e per questo anche più “severa”, più incline a legittimare l’uso delle maniere forti, disposta anche a sposare posizioni apparentemente in contrasto con i propri principi. Una società che invoca sicurezza psicologica oltre che un miglioramento delle condizioni economiche: all’impatto della crisi nella vita di ogni giorno si somma la percezione di uno squilibrio crescente portato da “invasioni” e nemici esterni.

Ho sentito in questi giorni parecchi rimproveri rivolti al partito democratico per non aver capito e affrontato per tempo questa situazione psicologica dell’elettorato: effettivamente la sinistra si è trincerata dietro il perbenismo della solidarietà, dell’accoglienza, dell’apertura sociale, senza affrontare di petto i problemi che stanno a monte del disagio sociale.

Mio padre, quando i suoi figli bambini erano alle prese con un cane e manifestavano una certa paura a cui il proprietario dell’animale ribatteva con la solita frase: «Ma il mio cane è buono, non fa niente…», era costretto a precisare: «Ch’ al guärda…mè fjól al gh’à paura anca d’un can ‘d stòppa, quindi…», usando un’immagine riconducibile all’odierno animaletto di peluche. È, in un certo senso, inutile che la sinistra dimostri, dati alla mano, che gli immigrati delinquono tanto quanto gli italiani.  Nell’immaginario collettivo si è radicato un postulato: immigrato-clandestino = delinquente palese. E via di questo passo. È un po’ come voler proporre la fede in Dio a chi non ha da mangiare: prima bisogna cercare di sfamarlo e poi si potrà introdurre il discorso religioso. Non si può pretendere che un analfabeta apprezzi la Divina Commedia. Occorre il grande atto di umiltà, che riparta da zero e riconosca i motivi del disagio, per affrontarli e ricominciare a discutere sul serio.

Questo non lo può fare il Presidente della Repubblica, che fa egregiamente il suo mestiere. È la politica che deve intervenire a rompere il cordone ombelicale tra paura e reazione. Il primo giorno di scuola piangevo e mi disperavo in quanto mi sentivo spaesato a contatto con un ambiente sconosciuto e con persone nuove. Per riambientarmi ci volle il suo tempo e furono necessarie le carezze della maestra e i giochi con i miei compagni. La sinistra deve fare la parte della maestra elementare, non respingere sdegnosamente le paure al mittente, ma assorbirle, affrontarle e rimuoverle coi fatti, rassicurando concretamente i timorosi, poi si potrà cominciare l’anno scolastico. Attualmente invece gli italiani sono talmente sprovveduti e spaventati da attaccarsi al primo bidello che sembra proteggerli. E i maestri in disparte a discutere fra di loro e pontificare verso gli alunni. Se poi arrivano i rimproveri del provveditore agli studi, si chiami Mattarella, Ue, Onu, Papa, apriti cielo, o meglio, apriti Salvini.