Il mondo, la guerra e la pace a pezzi

Da parecchio tempo papa Francesco parla di una guerra mondiale a pezzi. Fra questi ci sono i pezzettoni e i pezzettini. Quella siriana, per la sua complessità e durata rientra nella prima categoria. Quella libica, che sta risorgendo dopo la breve illusione di un patto di non belligeranza fra le diverse tribù in cui è articolato il tessuto socio-politico di quel Paese, è forse classificabile nella seconda, anche se a noi più vicina, territorialmente, storicamente e socialmente. Purtroppo in questi Paesi, dilaniati da enormi problemi, solo i più feroci dittatori riescono a tenere coperchiate le pentole e, non appena questi personaggi vengono tolti di mezzo, scoppia il finimondo. Non è una buona ragione per sostenere i dittatori, ma non è nemmeno un motivo per farli fuori sbrigativamente, come è successo in Libia con Gheddafi.

La storia insegna che questi squallidi personaggi sono capaci di stare a galla o meglio vengono lasciati galleggiare per opportunismo, poi, quando non servono più, vengono abbattuti e i loro Paesi cadono dalla padella alla brace. Per la Libia si sta verificando proprio questo percorso. Ai tempi dei blocchi contrapposti e della guerra fredda, i focolai di guerra si accendevano e si spegnevano sulla base degli impulsi, che le due superpotenze imprimevano alle situazioni. Oggi il mondo si è complicato, è aumentato il numero delle potenze in gara, ma la logica è rimasta la stessa, con la grossa differenza che l’interruttore per accendere e spegnere è in troppe mani. Per continuare a citare papa Francesco, alla guerra a pezzi bisognerebbe contrapporre la strategia di una pace a pezzi.

Non è un caso se sono portato a fare riferimento a Bergoglio: è l’unico personaggio veramente globale, autorevole e credibile, che si muove sulla scena mondiale. Se si passano in rassegna i vari leader c’è da rimanere sbigottiti per la loro inaffidabilità e la loro totale inadeguatezza. Al pensiero che il mondo sia nelle mani dei vari Trump , Putin, etc. etc., c’è da farsi venire i brividi. L’ultimo personaggio di livello apparso è il presidente francese Emmanuel Macron: aveva avvalorato qualche timida speranza, ma anche lui si sta omologando alla presuntuosa mediocrità dei “grandi”.

Cosa intende papa Francesco quando parla di pace a pezzi? Una via vissuta, testimoniata, cercata, invocata, creduta da uomini e donne, leader religiosi e semplici credenti, che non si arrendono al “paganesimo dell’indifferenza”. Qualche tempo fa Andrea Tornielli su Vatican Insider, dopo un forte richiamo di Francesco a tutti i popoli della terra, scriveva: «Nonostante il mondo sia sempre più squassato da guerre, odio, violenze, sfruttamento e povertà, ci sono tanti uomini e donne, tanti credenti appartenenti a tutte le religioni, che non si arrendono. Sono frammenti, pezzetti, tessere minuscole di un puzzle alla cui composizione l’umanità anela».

Forse siamo stati troppo abituati a guardare alla politica quale prevenzione e rimedio ai conflitti. Ma se la politica scade a guerra di nervi ed a contrapposizione strumentale…resta l’impegno degli uomini di buona volontà. Giorgio La Pira, quando prendeva spericolate e paradossali iniziative a favore della pace, si faceva accompagnare non tanto da consiglieri diplomatici, ma dalla preghiera delle monache di clausura. La pace è un dono di Dio e non una conquista degli uomini. Ce ne stiamo accorgendo giorno dopo giorno. Non è un motivo per rassegnarsi, ma per agire al di là dei consessi internazionali, che non combinano un tubo.