Il frinire delle cicale e le antenne delle formiche

“Le parole negli ultimi mesi sono cambiate più volte, ora stiamo aspettando i fatti. E i fatti sono la Legge di Bilancio. Abbiamo visto che le parole hanno fatto danni, i tassi sono saliti per famiglie e imprese”. Così il presidente Bce Mario Draghi sull’Italia”.

“Con il ministro dell’Economia Tria lavoro regolarmente, in un clima costruttivo. Spero che questo clima prevarrà”. Così il Commissario Ue agli Affari economici, Moscovici, che poi lancia un nuovo monito sul debito pubblico italiano: “Va ridotto, è interesse dell’Italia. E il rilancio degli investimenti aumentando il deficit è una bugia. Serve un bilancio credibile per il 2019. L’Italia, incalza Moscovici, è un problema nella zona euro. Non sarà fermando le riforme e facendo ripartire la stampa di banconote che si salverà”. Infine si dice preoccupato per i populisti in Europa e afferma: “Oggi non c’è Hitler, forse dei piccoli Mussolini”.

Non si può certo dire che gli indirizzi di politica economica e gli atteggiamenti verso la Ue dell’attuale governo del nostro Paese siano ben visti dal cosiddetto establishment europeo, al quale non manca occasione per mettere alla frusta il vanesio comportamento italiano. Non so se questi attacchi possano servire a smuovere qualcosa. Quando c’è un clima pesante, offrire spunti ed occasioni per litigare non è certamente il modo migliore per convincere l’interlocutore a più miti consigli.

Mi sembra di capire però che, al di là delle puntate polemiche da inquadrarsi nella ormai avviata campagna elettorale in vista delle elezioni europee del prossimo maggio, vengano rivolte all’Italia due critiche di fondo. La prima, di ordine squisitamente politico, riguarda il rischio molto evidente e concreto del coinvolgimento italiano nell’ondata populista e sovranista, che sta minando i presupposti dell’Unione Europea. Un Paese fondatore, della rilevanza quantitativa e qualitativa dell’Italia, schierato su posizioni ribellistiche rispetto alla Ue, preoccupa parecchio.

La seconda critica, peraltro connessa alla prima, si riferisce alla politica di bilancio italiana, tentata dallo sfondamento dei parametri e dall’aumento del deficit per mantenere gli scriteriati impegni assunti con l’elettorato in materia di reddito di cittadinanza (un tempo si chiamavano sussidi alla disoccupazione), di innalzamento dei minimi e facilitazione nei diritti pensionistici, di alleggerimento fiscale.

Il problema della compatibilità fra contenimento di deficit e debito pubblico e sostegno allo sviluppo ed all’occupazione è reale e non mi sento di liquidarlo sbrigativamente come una bugia: ridurre, come fa Moscovici, questo nodo allo scontro fra le formiche nord-europee e le cicale mediterranee mi sembra strumentale e provocatorio. Altro è il richiamo alla serietà, alla coerenza e alla concretezza operato da Mario Draghi, il quale sembra dire: mi sono fatto in quattro per sostenere una politica finanziaria favorevole al superamento della crisi, vedete di non rovinare tutto dando aria ai denti, lanciando messaggi contraddittori e rincorrendo inutili illusioni extra-europee. Appare molto sciocco e ingeneroso il commento di Salvini alle suddette parole di Draghi: «Conto che gli italiani in Ue facciano gli interessi dell’Italia come fanno tutti gli altri Paesi: aiutino e consiglino, non attacchino».

Quando si hanno poche e contraddittorie idee in testa si cerca di scaricare tali carenze sugli altri, rifugiandosi nello splendido isolamento, nell’illusione di poter fare facilmente da sé quel che si fa, a prezzo di grosse difficoltà, assieme agli altri. Lo scoglio della prossima legge di bilancio consiste proprio in questo: evitare scorciatoie e cercare il compromesso ai livelli più alti possibili tra il mantenimento degli “impegni al risparmio” e le “scelte a spendere bene”.

Ricordo una mia piccola esperienza professionale a livello giudiziario: i creditori di un artigiano intendevano pignorare tutti i suoi introiti compromettendo l’esercizio dell’attività della sua impresa, per coprire anche solo parzialmente i loro crediti. Il giudice chiamato in causa non glielo consentì. “Se non lo mettete in condizioni di lavorare, sarà difficile che possa pagare i debiti. Presentatemi un piano di rientro compatibile con la sussistenza dell’impresa e della famiglia di questo soggetto e ve lo approverò…” così sentenziò grosso modo quel pretore illuminato. Analogo atteggiamento possiamo pretendere, con serietà e disponibilità, dall’Unione Europea nei nostri confronti.