I conti senza l’oste grillino

Apprendo, con molto scetticismo al limite del fastidio, le notizie riguardanti incontri a base di pranzi e cene, finalizzati alla ricucitura dei rapporti politici a destra e manca. In questi giorni ad Arcore si è tenuto un “cordiale e positivo” summit tra Berlusconi e Salvini, presenti anche Tajani e Giorgetti. Fonti di Forza Italia parlano di una “disamina della situazione politica italiana, internazionale ed economica” oltre che della “condizione necessaria per un governo futuro con una coalizione di centro-destra: troppo diversi gli interessi di Lega e M5S”, l’accordo di governo attuale non durerà a lungo.

Gentiloni, Renzi e Minniti hanno accettato l’invito a cena di Carlo Calenda per impedire la deriva del Pd verso l’irrilevanza e la sottomissione al M5S. Un incontro con luogo e data riservati, che a detta dell’ex ministro rappresenterebbe un gesto di responsabilità di tutti i partecipanti, un’ottima notizia per il futuro del Partito democratico.

La sbrigatività di questi incontri mi lascia perplesso: è pur vero che, come si suole dire, la quadra per concludere affari economici si trova a tavola, mentre quella per sanare i conflitti matrimoniali si trova a letto. Nei casi in questione però ci dovrebbe essere qualcosa in più di puri interessi affaristici o di scontri personalissimi. Si tratta di ritualità piuttosto datate, che lasciano il tempo che trovano. Tra l’altro, la storia insegna che, mentre a destra si arriva facilmente ad un accordo purchessia nella spartizione del potere, a sinistra ci si impantana facilmente e ci si divide su tutto.

Probabilmente la giornaliera e sistematica voce contraria al governo giallo-verde scodellata da un pimpante Renato Brunetta altro non è che un contrappunto strumentale al fine di logorare la situazione e costringere la Lega a ritornare nella casa del padre. Ho l’impressione che Berlusconi non abbia grandi risorse politiche tali da ingolosire Salvini, a meno che la scarsità di risorse economiche, conseguente anche al sequestro giudiziale dei fondi della Lega, e i rischi incombenti su Mediaset non inducano tutti a più miti consigli. “Dura minga, non può durare” dice Tajani riferendosi al matrimonio di interessi elettorali, e non solo, alla base dell’attuale patto o contratto di governo. Tuttavia c’è un convitato di pietra, il potenziale elettore M5S (molto più aggredibile da parte di un Salvini battitore libero), che potrebbe far saltare nuovamente il banco del centro-destra.

Passiamo a sinistra. Il partito democratico è alla disperata ricerca di un rilancio politico ed elettorale, ma penso si illuda di trovarlo in un accordo tra alcuni maggiorenti del partito stesso, ritenendo che la debacle sofferta ed in continua accentuazione sia dovuta a divisioni di vertice e personalismi pseudo-leaderistici. Non è così semplice! Discutere fa bene, ma bisogna farlo nei modi, nei tempi e nei livelli giusti. La maionese democratica rischierebbe di impazzire ancor di più, lasciando campo ulteriore al convitato di pietra, l’elettorato grillino, che potrebbe rientrare dalla finestra dopo essere uscito dalla porta.

I politici in crisi di consenso devono capire che la frattura con i cittadini è profonda e non è sanabile con degli accordicchi di vertice. Proviamo a ipotizzare: un elettore di destra, che ha deciso di votare M5S, si lascerà sconvolgere nel suo comportamento da una ritrovata e finta unità d’intenti tra Berlusconi, Salvini e Meloni? Ho molti e seri dubbi. Un elettore di sinistra si lascerà commuovere da un improvviso patto di non belligeranza tra Gentiloni, Renzi e Minniti o da un una nuova leadership calendiana? Ho molti e seri dubbi. Ci provino e staremo a vedere. Sappiano che, tutto sommato, in libera uscita si sta meglio che in caserma. Personalmente quindi al loro posto abbandonerei le scorciatoie e proverei a tracciare un percorso nuovo a costo di allungare i tempi. Un bipolarismo serio non si costruisce solo mettendo in difficoltà il terzo polo, ma togliendo ad esso la terra da sotto i piedi.